Mercoledì 15 ottobre, alle ore 21.00: Incontro per chi svolge o vuole svolgere un servizio in parrocchia (CPP – Coristi – Lettori – Ministri dell’Eucaristia– Catechisti – Grupppi di Ascolto, ecc.).
Chiunque svolge un servizio in parrocchia deve coltivare il “sensus ecclesiae”, ossia vivere un processo, effettivo ed effettivo, di appartenenza alla comunità ecclesiale, partendo dai legami di relazione e di fraternità con tutti coloro che condividono lo stesso cammino e in profonda appartenenza e comunione con tutta la comunità.
«Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, 5così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri» (Rm 12,4-5)
«Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire» (Prima Lettera ai Corinzi, 1,10).
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PASSAGGI TRATTI DALLE OMELIE DELL’8 SETTEMBRE – INIZIO ANNO PASTORALE – DEGLI ULTIMI CINQUE ANNI
Dall’omelia 2021
Serve, anche in ambito ecclesiale, un profondo rinnovamento nel sentire, nel pensare, nel ragionare e nell’operare, consapevoli che tutto è connesso e che è richiesta una nuova consapevolezza e una rinnovata responsabilità personale e collettiva.
Dall’omelia 2022
Nell’introduzione alle prospettive del secondo anno sinodale della Cei, si dice che non «è facile mettersi in cammino, soprattutto in questa stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento». E non è facile camminare «insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa».
Per rendere fruttuoso il nostro cammino, dovremo far tesoro del percorso sinodale avviato – che la Chiesa Italiana ha sintetizzato nel documento «Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione» – e dovremo guardare con realismo ad alcuni nodi concreti che siamo chiamati a sciogliere, per rendere vera comunità ecclesiale questa nostra ricca, complessa e articolata realtà parrocchiale di Santa Maria.
Siamo tutti ben consapevoli che uno dei principali impedimenti alla vita della parrocchia è dato dal fatto che, come in tante altre parrocchie, si vivono «cammini paralleli dove ognuno vive la propria realtà senza interferire, senza interrogarsi…» (Per una Chiesa sinodale, 2.7).
È vero che, in generale, la «Chiesa appare troppo “pretocentrica” e questo deresponsabilizza, diventando un alibi per deleghe o rifiuti da parte dei laici, relegati spesso a un ruolo meramente esecutivo e funzionale, anziché di soggetti protagonisti, costruttori di un “noi”. Ma non per questo esenti dal rischio di sviluppare forme di clericalismo nella gestione dei piccoli spazi di potere loro affidati» (Per una Chiesa sinodale, 2.6).
«Tante “bolle” separate rendono le comunità frammentate, spazi in cui si rischia di dividersi poteri e ruoli, di essere esclusivi ed escludenti verso chi bussa. Per contrastare la sfida della frammentazione, a livello parrocchiale e diocesano, occorre investire nella costruzione di relazioni fraterne, valorizzando la pluralità delle sensibilità e provenienze come risorsa. In particolare, la testimonianza della carità è misura della capacità di aprirsi». (Ivi, 2.8)
Dall’omelia 2023
L’attenzione ai programmi è certamente necessaria, ma la prima attenzione dovrebbe essere quella di favorire, o quantomeno non ostacolare, la novità con cui Dio decide di rendersi presente nella nostra vita personale e in quella della nostra comunità.
Dobbiamo prendere atto che nelle nostre parrocchie non riusciamo a generare alla fede e a educare alla maturità di una vita adulta. Rimaniamo troppo nell’astrazione o ci focalizziamo su specifiche attività, senza assumere la complessità dell’umano e coltivando spiritualità genericamente religiose e ‘devozioni’ animate da spirito chiuso e militante, che di fatto offuscano la centralità di Gesù Cristo e non aiutano a crescere.
La rigenerazione in Cristo determina un nuovo modo di essere-nel-mondo: non «ciascuno seguendo la sua strada» (Is 53,6), ma insieme sulle orme del Cristo pastore e custode (cfr 1 Pt 2,21-25). È Lui il fulcro di tutto, il centro di coesione della «fraternità sparsa nel mondo» (1 Pt 5,9).
Come afferma l’Arcivescovo nel sussidio diocesano per la catechesi sulla lettera di Pietro: «i cristiani non si possono pensare al di fuori della comunità e a prescindere dai legami fraterni». E sappiamo bene che ci può essere comunità e fraternità solo nella ricchezza e nella fatica della relazione.
Non dobbiamo temere neppure di compiere errori, sia perché «sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28), sia perché il nostro non è un cammino isolato: ci muoviamo nella e con la Chiesa.
Dall’omelia 2024
Per comprendere e rispondere alla chiamata dobbiamo risintonizzare la nostra vita personale e comunitaria con Gesù Cristo, Verbo di Dio, rimettendolo al centro della nostra fede e della nostra vita.
Per rimettere al centro Gesù Cristo e il suo Vangelo, però, non bastano i luoghi di solo pensiero o di sola preghiera o di sola azione: occorrono ambiti di ascolto e relazione, dove c’è la possibilità di narrare sé stessi e di incontrare altri che si narrano.
Le novità, nella Chiesa come nella società, nascono proprio dall’incontro di persone che si narrano, che narrano anche la loro vita di fede.
Del resto, l’annuncio cristiano non è una formula dottrinale o una morale e tanto meno una serie di pratiche religiose: è annuncio e narrazione dell’avvenimento Gesù Cristo.
Dall’omelia 2025
Leone XIV, lo scorso 17 giugno, ai vescovi italiani ha detto: «Non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito…Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose!».
Non difendersi dalle provocazioni dello Spirito e non temere di fare scelte coraggiose esige anche la forza di abbandonare modalità mentali e pratiche che hanno segnato la nostra storia, superando la nostalgia di come eravamo e di quello che facevamo, e che ancora continuiamo a fare, pur non essendo più come eravamo.
«Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). Le cose antiche sono il fondamento, le radici a cui anche oggi bisogna attingere per attivare le esperienze nuove che lo Spirito suggerisce.
«Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo» (Lc 5,36). Il vecchio è la forma legata alla situazione storica, difficilmente conciliabile col nuovo che siamo chiamati a costruire per rimanere fedeli alla missione affidataci dal Signore Gesù.
Solo un vero radicamento in Cristo consente di trovare la libertà e la forza di osare i cambiamenti necessari per rendere la vita parrocchiale ricca di Vangelo, generatrice di relazioni e di comunità e per trovare il coraggio di dire stop a tutto a quello che, di fatto, non aiuta a far crescere il senso di appartenenza alla comunità di fede e lascia spazio ai rapporti opportunistici, “usa e getta”, individuali e collettivi.
Per avviare il cambio di passo necessario saranno proposti laboratori differenziati, che esigeranno un effettivo protagonismo di ragazzi, giovani, adulti, anziani, e che vedranno anche la presenza di persone professionalmente preparate per aiutare il cammino sul piano relazionale, educativo e contenutistico.
Lo stop alle modalità e ai ritmi che interesserà il catechismo e altre esperienze, va valutato tenendo conto che l’alternativa è una proposta che vuole essere feconda e per questo più esigente e che richiede la disponibilità di persone che intendono mettersi in gioco.
Il concreto cambio di passo che vogliamo assumere, anche se arriva dopo anni di riflessioni, farà certamente discutere, ma una discussione seria, che guarda all’essenza dell’esperienza cristiana più che alla forma o alle proprie visioni o al proprio comodo, può rappresentare l’inizio di un nuovo e positivo approccio alla fede e di crescita del senso di appartenenza ecclesiale.