Schema Omelia domenica 16 maggio 2021

Ascensione del Signore: At 1,1-11   Sal 46   Ef 4,1-13   Mc 16,15-20

«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16, 15). A conclusione dei quaranta giorni trascorsi con i discepoli dopo la risurrezione, Gesù ribadisce la fiducia con la quale si era rivolto a ciascuno di loro all’inizio di tutta la storia, quando «ne costituì Dodici — che chiamò apostoli — perché stessero con lui e per mandarli a predicare» (Mc 3, 14-15).

Esiste una prima chiamata, che dà l’avvio alla storia della vocazione di ogni apostolo. E poi ce n’è una seconda, poco prima dell’Ascensione.

Tra le due chiamate c’è la storia personale di ogni apostolo, compresa l’esperienza di un grande fallimento, riportato chiaramente dagli evangelisti: «Tutti lo abbandonarono e fuggirono» (Mc 14, 50).

Anche il libro degli Atti testimonia la lontananza dei discepoli da Gesù. Dopo i quaranta giorni dalla sua risurrezione ancora gli chiedono se quello che stanno vivendo è il tempo in cui verrà ricostituito il Regno di Israele (At 1,6), mentre Gesù ha sempre parlato del Regno di Dio.

Sono rimasti fermi al loro desiderio iniziale. Aspettavano, e ancora aspettano, un riscatto tutto umano, nazionalista.

Nonostante questa distanza che ancora permane fra la visione dei discepoli e quella di Gesù, la conclusione del Vangelo di Marco e tutto il libro degli Atti degli Apostoli ci dicono che il Signore dà proprio a loro il mandato definitivo e responsabile di annunciare il Vangelo a ogni creatura.

Sembra che le “colonne” della Chiesa siano considerate solide da Gesù solo quando hanno fatto esperienza della loro personale fragilità.

La vita dei cristiani è resa convincente quando assumono la consapevolezza della loro personale fragilità. È l’esperienza di essere stati guariti che piano piano rende capaci di entrare nel progetto di Dio e di guarire gli altri.

La stessa fiducia che il Signore ha riposto negli apostoli la ripone anche su ciascuno di noi, che oggi siamo la sua Chiesa, nonostante le deviazioni, le cadute e anche qualche scandalo.

Con l’Ascensione, Gesù esce dalle dinamiche della dimensione fisica del tempo e dello spazio, ma non si estranea dal mondo.

E come discepoli non possiamo estraniarci dal mondo: siamo mandati proprio per rendere visibile e concreta la presenza di Gesù nel mondo.

Essere discepoli non significa trovare rifugio presso Dio, per sperimentare un tepore dolce e puro, né disinteressarsi dell’esistenza degli uomini e delle donne. Significa vivere nel presente la chiamata alla comunione, diventando generatori di comunione.

L’Ascensione ci esorta ad alzare lo sguardo al cielo, per poi rivolgerlo subito alla terra, attuando i compiti che il Signore risorto ci affida.

Scacciare i demoni. Vincere quello che tende a separare, dividere, spersonalizzare, recitare in relazione alle circostanze.

Parlare lingue nuove. Entrare in dialogo, in relazione, superando ogni autoreferenzialità

Prendere in mano serpenti. Stare a contatto con le proprie paure, evangelizzando il nostro profondo

Bere veleno. Nessuna malizia o maldicenza potrà intaccare la solidità del discepolo, la certezza che il Signore vince ogni attacco che porta morte

Imporre le mani ai malati. Non avere paura del contatto, soprattutto quando l’altro porta i segni nella fragilità

La missione di ogni discepolo, che è la missione dell’intera Chiesa, non consiste in un grande fare, un continuo parlare e organizzare, ma, sostenuta dallo Spirito Santo, si esprime nel rendere presente l’amore del Padre nel mondo, nel rendersi compagni di strada di coloro che incontramo nel cammino della vita.

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