Omelia Badia Fiorentina 23 marzo 2022

Mercoledì della terza di Quaresima: Dt 4,1.5-9   Sal 147   Mt 5,17-19

Con le sue parole sembra quasi che Gesù voglia correggere i suoi discepoli da una convinzione che si stava rafforzando in alcuni di loro: «Non crediate» (Mt 5,17)

Come a dire: c’è qualcosa nei vostri pensieri e in ciò che credete che non corrisponde a quello che io dico e faccio. Se pensate che sia venuto per abolire la Legge e i Profeti, vi state sbagliando e dovete riconsiderare questa vostra convinzione.

L’atteggiamento di Gesù verso la Legge e i Profeti è positivo. Ma proprio perché positivo, vuole distinguere bene quanto davvero proviene da Dio e quanto è stato aggiunto dagli uomini, per riportare la Legge alla sua origine, che è il cuore di Dio, e alla sua finalità, che è quella di sostenere un positivo rapporto con Dio e con gli altri.

L’intento di Gesù, quindi, è ridare alla Legge una prospettiva più ampia e compiuta, svelandone il pieno significato e rivelando la definitiva volontà del Padre, che si realizza nella sua persona.

Per la tradizione rabbinica chi interpretava male la Legge, chi faceva meno di quanto il precetto prevedeva e chi la trasgrediva, la “aboliva”. Mentre la “compiva” chi la interpretava bene, chi la osservava e chi faceva più di ciò che il precetto richiedeva.

Gesù “compie” la Legge perché la riconduce all’unico insuperabile criterio interpretativo: l’amore. Tutta la Legge, infatti, dipende e si compie nell’amare Dio con tutti moi stessi e nell’amare il prossimo come amiamo noi stessi (cf. Mt 22,34-40).

Gesù compie la Legge perché la vive con radicalità, risalendo sempre alla radice del volere del Padre e al tempo stesso scendendo nelle profondità del cuore umano.

La Legge di Mosè, prima che essere comando, era istruzione, speranza e promessa di futuro, perché il popolo potesse custodire la libertà che aveva ricevuto: «perché viviate ed entriate in possesso della terra» (Dt 4,1).

La Legge non viene donata mentre il popolo è in schiavitù, ma solo dopo che Dio è sceso a vedere la condizione del suo popolo e lo ha liberato, strappandolo dalla schiavitù con mano potente e braccio teso (cfr Dt 5,15).

La Legge donata da Dio va quindi pensata e vissuta nella memoria e con gratitudine, per vivere nella libertà la relazione tra noi e con Dio. Quello che viene mantenuto nella memoria, ci fa anche capire dov’è il nostro cuore, cos’è quello che amiamo e a cui teniamo.

Per Gesù non è sufficiente l’osservanza indicata dai teologi del tempo, interpreti ufficiali delle Scritture (gli scribi), né quella propria dei credenti impegnati e osservanti (i farisei): vuole una giustizia superiore, più abbondante, che superi quella indicata dalle scuole rabbiniche e fissata nella casistica.

Gesù vuole che quella giustizia sia osservata anche da chi la predica, perché è dal vissuto che dipendono lo stile e il contenuto di ciò che si annuncia e si insegna.

Le parole di Gesù sono fortemente attuali anche per noi e per le nostre comunità: non possiamo ignorare la Legge in nome di una generica libertà dello Spirito, né possiamo rinchiuderci nella formale e ossessiva osservanza della legge, che soffoca ogni mozione

Legge e Profeti vanno tenuti insieme, per cogliere il senso della concreta attuazione della Legge nell’oggi delle vicende della storia.

I comandamenti non sono una legge fredda: sono dati per sostenere la relazione d’amore e di alleanza proposta da Dio al suo popolo.

La Legge che il Signore ci ha donato e che Gesù ha portato a compimento, manifesta la vicinanza di Dio e ha l’obiettivo di farci vivere la pratica perfetta dell’amore.

Non siamo soli né possiamo pensarci soli. Anche con il dono della Legge e dei Profeti Dio si è fatto compagno della nostra vita personale e comunitaria. Si è fatto prossimo attraverso una prossimità che diventa totale in Gesù di Nazaret, Dio fatto uomo che si è donato fino alla morte.

In questo momento, difficile per la pandemia e reso drammatico per la guerra, va risvegliata la prossimità e l’amore di Dio, per renderla manifesta e concreta.

È davvero necessario, a partire dalla preghiera e muovendosi fattivamente secondo le nostre possibilità, stare vicini a coloro che si trovano sotto i bombardamenti e a coloro, soprattutto donne e bambini, che fuggendo dalla guerra rischiano di andare in mano a sfruttatori e trafficanti di esseri umani.

Chiediamo al Signore la grazia di non nasconderci l’uno all’altro e di non lavarci le mani di fronte ai problemi degli altri. Quando il cuore e la mente sono chiusi all’altro, dentro di noi non c’è posto neppure per Dio.

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