Terza domenica di Quaresima Anno A: Es 17,3-7 Sal 94 Rm 5,1-2.5-8 Gv 4,5-42
Ogni incontro racchiude un bagaglio di sentimenti, attese, scoperte. L’incontro, soprattutto quando avviene inatteso, aiuta a rompere la nostra routine e ci apre a qualcosa di nuovo. Spesso ci permette anche di far emergere quello che ancora non conosciamo pienamente di noi stessi, ma che muove i nostri pensieri, le nostre scelte e a volte causa anche i nostri fallimenti.
Un incontro vero e profondo, che ci fa scoprire come nel nostro cuore abita lo stesso desiderio presente nel cuore dell’altro, spesso nasce da circostanze apparentemente casuali, come sembra essere quello tra Gesù e la Samaritana al pozzo di Giacobbe: «Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua» (Gv 4,6-7).
A differenza di noi, che spesso nascondiamo i nostri limiti nel desiderio di farci vedere sempre all’altezza di ogni situazione, per Gesù la stanchezza e la sete divengono occasione per avviare una relazione e superare diffidenze storiche religiose: «I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani» (Gv 4,9).
Tutto parte da una richiesta, da un bisogno. Gesù dice alla Samaritana: «Dammi da bere» (Gv 4,7). Quella che Gesù esprime è certamente sete umana, ma rimanda anche al desiderio del suo cuore, come appare dallo sviluppo del dialogo, che prosegue giocando, quasi in modo ironico, sul senso materiale e sul senso simbolico di sete e di acqua.
Da sempre, la sete è l’immagine più frequente per indicare il nostro desiderio più profondo e mai pienamente colmato: il desiderio di essere amati e di amare. È proprio come la sete: nasce dentro di noi e non possiamo evitarlo.
Anche la Samaritana ha sete di amore, anche se sembra aver cercato alle sorgenti sbagliate o essersi posta nel modo sbagliato, come emerge nel corso del racconto: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito» (Gv 4,17-18).
Gesù aiuta questa donna a far emergere la sua storia, non per giudicarla, ma per aiutarla a capire dove e come può trovare quello che cerca.
Questa donna, però, quando si rende conto che Gesù sta toccando la sua storia, comincia a difendersi e lo fa attraverso alcuni pensieri che allontanano l’attenzione dalla sua vita: parla di luoghi della fede, di attese messianiche, di differenze cultuali.
Gesù oltrepassa queste resistenze e conduce la donna segnata dalla vita e assetata di amore e di senso a riconoscere in lui il Messia annunciato dalle scritture e che lei stessa attende: «Sono io, che parlo con te» (Gv 4,26).
Gesù si presenta come colui che colma il desiderio di ciascuno di essere amato, richiamando la donna, e tutti noi, a verificare i propri attaccamenti e la direzione, il fine, la meta delle nostre ricerche.
Il dialogo si conclude con l’arrivo dei discepoli e con la donna che corre via per annunciare la sua esperienza: «La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”» (Gv 4,28-29).
Questa donna si è sentita ascoltata, capita e perdonata. E, come dimostra il suo atteggiamento, annunciare il vangelo significa innanzitutto portare la propria esperienza di sentirsi amati.
Come la Samaritana, chi incontra Gesù e fa esperienza di lui e del suo amore, sente il bisogno di raccontarlo agli altri e di arrivare a proclamare insieme, come dissero poi i compaesani di quella donna, che Gesù «è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,42).
Il Segno dell’acqua ci ricorda che «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rom 1,2) nel Battesimo. Con il quale siamo stati generati a vita nuova.
Se però continuiamo ad andare alla ricerca di cose, di luoghi e persone che alla fine ci lasciano sterili e assetati, significa che non abbiamo ancora fatto il cammino e l’esperienza della Samaritana e non abbiamo ancora riconosciuto Gesù come il nostro Salvatore.
Guardiamo a Cristo. Ascoltiamo la sua parola. Facciamoci condurre da lui. E anche il nostro più profondo desiderio di amore e di pienezza troverà finalmente risposta.