Schema Omelia domenica 11 giugno 2023

Solennità del Corpus Domini anno A: Dt 8,2-3.14-16   Sal 147   1Cor 10,16-17   Gv 6,51-58

In questa solennità del Corpus Domini, la prima frase che la liturgia della Parola ci fa ascoltare è un richiamo alla memoria: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere» (Dt 8,2).

Senza memoria delle opere di Dio la fede è ridotta a credenza, a religione “consumistica”, dalla quale, di volta in volta, si prende ciò che serve in quel momento o che offre un’emozione, senza vivere una vera relazione con Gesù Cristo e un consapevole affidamento a lui e senza coinvolgerci esistenzialmente in un progetto.

Senza memoria diventiamo estranei a noi stessi: ci sradichiamo dal terreno che ci nutre e siamo come foglie dal vento. Fare memoria, invece, consente di trovare i legami e di sentirsi parte di una storia e di un popolo.

La memoria non è solo un fatto personale, privato, ma un’esperienza collettiva: è la via che ci rende consapevoli del cammino compiuto da chi è venuto prima di noi, del cammino che abbiamo fatto noi e di quello che siamo chiamati a fare.

La memoria, dunque, ci rende consapevoli e responsabili di quanto ricevuto da Dio e dalle generazioni che ci hanno preceduto e di quello che stiamo trasmettendo alle future generazioni.

La solennità del Corpus Domini si pone proprio nel contesto della memoria e della trasmissione della fede.

Come ogni celebrazione eucaristica, questa festa del Corpus Domini affonda le sue radici nel mistero pasquale di Cristo morto e risorto ed inseparabile dall’ultima cena, durante la quale Gesù, nel pane e nel vino, ha dato da mangiare agli apostoli il suo corpo e il suo sangue, dicendo loro: «fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24).

Mangiando il Pane eucaristico entriamo in comunione con la vita stessa di Gesù, nel dinamismo della sua vita che si dona a noi e per noi.

Lo abbiamo appena ascoltato dall’apostolo Paolo: «Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1 Cor 10,16-17).

Mangiando il corpo del Signore risorto entriamo in comunione con lui, col Padre e fra noi, trovando pienezza di vita: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54).

Come sappiamo, nel mondo ebraico semitico “carne” non indica semplicemente il corpo, ma la persona umana in tutta la sua completezza. Mangiando la carne di Cristo, quindi, ci si nutre di lui: «Come il Padre che ha la vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 57).

L’Eucaristia genera comunione, vita, amore. Senza Eucaristia anche l’amore e l’amicizia sociale inaridiscono.

Questa sera porteremo Gesù risorto presente nel pane eucaristico per le strade della città e nel cuore della città invocheremo per tutti la sua benedizione.

Questo atto pubblico ci richiama alle nostre responsabilità, ci impegna, davanti a Dio e agli uomini, ad incarnare la fede nella quotidianità della vita, a metterci in gioco per creare una società dal volto più umano.

Per vivere la forza del Vangelo nel cuore delle relazioni umane, per un umanesimo integrale e solidale, occorre nutrirci non solo del Corpus Domini ma anche del Verbum Domini.

Solo nutrendoci e lascandoci plasmare dalla parola e dal corpo di Cristo potremo vivere con lo sguardo rivolto al cielo e con i piedi ben piantati a terra, senza correre il rischio, oggi largamente diffuso, di trasformarci da testimoni della fede in semplici testimonial o “influencer”.

È da una fede vissuta, e non solo proclamata, che può prendere corpo: «una nuova generazione di uomini e di donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico….»  (Benedetto XVI, Aquileia, 7 maggio 2011)).

Di donne e di uomini capaci di vivere con maturità la loro fede e il loro essere nel mondo ne ha bisogno la Chiesa e ne ha bisogno la società.

Le nostre celebrazioni eucaristiche possono trasformare il mondo, se chi le celebra si lascia trasformare, immergendo le radici della propria esistenza in Cristo e nel suo amore.

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