Omelia Badia Fiorentina 13 settembre 2023

Mercoledì della XXIII settimana Tempo Ordinario – Anno dispari: Col 3,1-11   Sal 144   Lc 6,20-26

«Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù…rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1-2). Paolo, con queste parole, non invita affatto i Colossesi a disinteressarsi alle cose della terra, sostenendo a una fede disincarnata.

Cercare le cose di lassù non significa evitare le realtà di quaggiù, o addirittura disprezzarle, ma non fare di esse il criterio di riferimento. Paolo invita ad assumere il modo di guardare e di vivere le cose della terra alla luce della risurrezione.

Per noi, come per i Colossesi, apparentemente il battesimo non sembra aver cambiato nulla. E, in effetti, il battesimo non cambia il contesto terreno in cui siamo inseriti, né supplisce alle nostre insensatezze e alle nostre empietà.

In modo misterioso ma reale, il battesimo ci innesta in Cristo, ci rende partecipi della figliolanza divina di Cristo: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!» (Col 3,3).

È la vita in Cristo, e non semplicemente la nostra buona volontà, che ci fa persone nuove. Ecco perché la morale predicata da Paolo non può essere ridotta a una semplice lista di proibizioni. Deve, piuttosto, essere vista come una spinta verso una maturità sempre più consapevole e profonda.

Vivere in Cristo, appartenere a Lui, è essenziale per vivere quella metanoia, quella conversione, che ci apre a un nuovo orizzonte e a un diverso orientamento del cuore e della mente.

Come credenti in Cristo, “verbo fatto carne”, sappiamo bene che i valori, come pure le grandi idee, hanno bisogno di essere incarnati nella contemporaneità e che, per farlo nel miglior modo possibile, sono necessari spazi di confronto vero e fogli bianchi su cui poter scrivere le modalità con cui si declinano qui e ora, senza lasciarsi assorbire della mentalità del mondo.

La mentalità corrente, ad esempio, sembra idolatrare l’individualismo esasperato e irresponsabile, che porta a tutto meno che al bene della persona nella sua integralità e a quello della collettività nel suo insieme.

La stessa idea del “politicamente corretto”, nata per disciplinare il comportamento linguistico ed evitare parole chiaramente offensive verso qualcuno, di fatto si è trasformata in un orientamento ideologico e culturale che soffoca le differenze ed ha prodotto quella che qualcuno ha chiamato “la tirannia dell’offeso”.

Come scrive Riccardo Dal Ferro nel suo libro “Seneca tra gli zombie” (aprile 2022): «oggi basta dire che qualcosa ci ha offeso per passare automaticamente dalla parte della ragione» (p. 65); basta dire «la tua opinione è sbagliata perché mi offende, indipendentemente da ciò che dici, dal fatto sia sorretta da studi clinici, dati scientifici e così via» (p.66).

Il “politicamente corretto” e il linguaggio violento sempre più diffuso in ogni ambito del vivere, ostacolano ogni possibilità di relazionarci in verità e di pronunciare parole pensate e che fanno pensare, salvo poi lamentarci del deserto culturale e educativo nel quale ci troviamo.

Se Gesù pronunciasse oggi parole come quelle dette nel vangelo che abbiamo ascoltato, probabilmente incorrerebbe nella gogna mediatica e certamente nella reazione di qualche fariseo che ostenta il suo sentirsi offeso. Reazioni, queste, che sono un buon sistema per evitare di porci domande e di scavare dentro di noi.

I maestri al tempo di Gesù, invece, per far passare i valori sui quali vale la pena costruire la vita dicevano: “Beato colui che…”; e per mettere in guardia da proposte ingannevoli e illusorie usavano l’espressione: “Guai a chi…”.

Il brano dell’evangelista Luca riporta entrambi gli insegnamenti: quattro beatitudini, che descrivono coloro che appartengono al Regno, e quattro guai, ossia quattro avvertimenti che mettono in guardia per condurre alla salvezza.

Giovanni Crisostomo, di cui oggi facciamo memoria, con la sua vita ci insegna a non lasciarsi irretire nelle seduzioni mondane né intimorire dalla violenza. Ad alta voce e senza paura a fatto risuonare il beati i poveri e il guai ai ricchi del suo tempo, tanto che – dai potenti – è stato più volte accusato ingiustamente e poi è morto stremato dalle marce forzate a cui era stato sottoposto mentre veniva condotto in esilio.

Sappiamo bene che è necessario distinguere l’errore dall’errante. E che ogni persona è unica e irripetibile e, qualsiasi siano le sue scelte, è debitrice di rispetto e anche di amore.

Ma proprio per questo rispetto e per questo amore, come credenti in Cristo non possiamo – non dobbiamo – lasciare che il politicamente corretto neutralizzi l’annuncio del Vangelo e che il linguaggio violento – o anche il silenzio di uno sguardo violento o indifferente – ci impedisca di testimoniare l’amore di Cristo.

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