Omelia Badia Fiorentina 6 dicembre 2023

Mercoledì prima settimana di Avvento – San Nicola di Mira: Is 25,6-10   Salmo 22   Mt 15,29-37

La prima lettura proposta dalla liturgia in questa celebrazione, ci presenta un Dio che apparecchia la tavola: «per tutti i popoli» prepara un banchetto «di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6). Un Dio talmente tenero da asciugare «le lacrime su ogni volto» (Is 25,8),

Il brano termina con il gioioso riconoscimento della potenza e della salvezza di Dio: «Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte» (Is 25,10).

Di cibo ci parla anche il brano del vangelo, dove le mani di Gesù divengono un luogo di condivisione: accolgono il poco messo a disposizione dei discepoli e restituiscono il molto capace di sfamare la folla, creando una vera e propria catena, che potremmo definire un passamano di solidarietà.

Tutto parte dalla «compassione» che Gesù sente per la folla (Mt 15,32) che si è radunata intorno a lui «recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati» (Mt 15,30). Di fronte alla volontà di Gesù di non rimandare nessuno digiuno «perché non vengano meno lungo il cammino» (Mt 15,32), i discepoli provano un senso di impotenza: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?» (Mt 15,33).

Su richiesta di Gesù, i discepoli condividono quel poco che hanno mettendolo nelle sue mani e poi riprendendolo da lui per distribuirlo alla folla.

Il Dio fatto uomo, che ci ama appassionatamente e che ci ha detto «senza di me non potete nulla» (Gv 15,5), paradossalmente ha bisogno della disponibilità dei discepoli. Ha bisogno di noi per portare a lui chi si trova nella necessità; ha bisogno dei nostri pani e dei nostri pesci per sfamare e per sfamarci.

Oggi celebriamo la memoria di San Nicola, vescovo di Mira in un tempo di persecuzione a cavallo tra il III e il IV secolo. Le sue spoglie riposano nella cripta della Basilica eretta in suo onore nella città di Bari, di cui è patrono.

La sua storia e le leggende che la tradizione ci offre, descrivono San Nicola come un uomo innamorato di Dio e acceso di passione per il bene del suo popolo, attento al grido del povero e sempre pronto ad accogliere le sfide che tormentavano la vita della sua gente.

San Nicola è considerato ancora oggi, in particolare dai cristiani d’oriente, un ponte tra cielo e terra a cui affidarsi nei momenti difficili e di grande tribolazione.

Guardando a lui alla luce del brano del vangelo di oggi, mi viene da pensare come ciascuno di noi sia chiamato a porsi come anello di relazione e di congiunzione fra ogni persona in difficoltà e Dio e fra Dio e i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino.

La narrazione del vangelo di oggi ci fa capire il valore della “compassione”, l’importanza di capire i bisogni degli altri e di portarli a Gesù nella preghiera e mettendo quel poco che abbiamo nelle sue mani.

Spesso pensiamo alle nostre mani come quella parte del corpo che ci permette di prendere. Gesù, però, prima con la domanda che pone ai discepoli – «Quanti pani avete?» (Mt 15,34) – e poi con i gesti che fa loro compiere, ci fa capire che le mani ci permettono di dare, di condividere.

Siamo tutti chiamati a comprometterci attivamente con  e per gli altri, con e per Dio, facendo della nostra vita una costante inter-cessione, nel senso etimologico del termine: “fare un passo tra”, “interporsi” tra due parti.

Intercessori, condividendo la compassione di Cristo annunciando la sua Parola e facendoci strumento della sua tenerezza. Intercessori condividendo il bisogno delle donne e degli uomini del nostro tempo, portandoli a Cristo nella nostra preghiera e mettendo nelle mani di Cristo quel che siamo e abbiamo, per poter poi raggiungere tutti.

Il pane è arrivato alla folla affamata, perché Gesù ne ha avuto compassione e ha insegnato ai discepoli a condividere il loro pane. Possiamo dire che il vero miracolo compiuto da Gesù nel deserto è aver portato i suoi discepoli a condividere la sua compassione per le folle e a mettere a disposizione quel poco che avevano.

Se ci lasciamo provocare dalla situazione degli altri, imparando a condividere la stessa compassione di Gesù, saremo capaci di mettere nelle sue mani quello che siamo e abbiamo, di portare a Gesù i nostri fratelli e le nostre sorelle e di portare loro Gesù e quello che Gesù ci dona.

Vivendo questa dinamica del dono, questo nostro essere intercessori, anche nel deserto del disorientamento e della povertà culturale, affettiva, relazionale e spirituale che oggi ci avvolge, può compiersi un nuovo miracolo.

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