La responsabilità del discernimento della comunità cristiana verso le singole situazioni esistenziali

In occasione del 150° anniversario della nascita di Santa Teresina di Gesù Bambino e del Volto Santo, papa Francesco, lo scorso 15 ottobre, ha pubblicato l’Esortazione apostolica «C’est la confiance», «È la fiducia»

«È la fiducia e nell’altro che la fiducia che deve condurci all’amore», come ha scritto la stessa Teresina il 17 settembre 1896. E, come scrive Papa Francesco, «È la fiducia che ci conduce all’Amore e così ci libera dal timore, è la fiducia che ci aiuta a togliere lo sguardo da noi stessi, è la fiducia che permette di porre nelle mani di Dio ciò che soltanto Lui può fare» (45)

In questa Esortazione, Papa Francesco ricorda che «La trasformazione che avvenne in lei le permise di passare da un fervido desiderio del Cielo a un costante e ardente desiderio del bene di tutti, culminante nel sogno di continuare in Cielo la sua missione di amare Gesù e di farlo amare» (43)

Riferirsi a questa Esortazione apostolica, mi pare importante per riflettere sulla necessità e la responsabilità del discernimento e dell’attenzione che la comunità cristiana ha nei confronti dei differenti percorsi di vita, delle specifiche situazioni esistenziali, perché Papa Francesco, riprendendo alcuni concetti espressi nella Evangelii gaudium, ai numeri 47 – 49 scrive:

«Questa Esortazione su Santa Teresina mi consente di ricordare che in una Chiesa missionaria l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa. Il nucleo luminoso è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. 

Non tutto è ugualmente centrale, perché c’è un ordine o gerarchia tra le verità della Chiesa, e questo vale tanto per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento morale. Il centro della morale cristiana è la carità, che è la risposta all’amore incondizionato della Trinità, per cui le opere di amore al prossimo sono la manifestazione esterna più perfetta della grazia interiore dello Spirito. Alla fine conta solo l’amore.

Precisamente, il contributo specifico che Teresina ci regala come Santa e come Dottore della Chiesa non è analitico, come potrebbe essere, per esempio, quello di San Tommaso d’Aquino. Il suo contributo è piuttosto sintetico, perché il suo genio consiste nel portarci al centro, a ciò che è essenziale, a ciò che è indispensabile. Ella, con le sue parole e con il suo personale percorso, mostra che, benché tutti gli insegnamenti e le norme della Chiesa abbiano la loro importanza, il loro valore, la loro luce, alcuni sono più urgenti e più costitutivi per la vita cristiana. È lì che Teresa ha fissato lo sguardo e il cuore»

Guardando a quello che è centrale e costitutivo della vita cristiana, Papa Francesco guarda alle situazioni esistenziali, affronta le questioni riguardanti l’accompagnamento, il discernimento e l’integrazione delle situazioni di fragilità all’interno della comunità cristiana, come fa ad esempio, riferendosi al matrimonio e alla famiglia, nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, in particolare nel capitolo ottavo.

Da parte di persone famiglie, capita spesso di trovarci di fronte a domande, spesso a vere e proprie pretese, mosse da convinzioni che sono nutrite dalla mentalità corrente, per cui il presunto diritto dell’individuo è la vera e unica regola accettata e ogni limite appare un’ingerenza ingiustificata, una prevaricazione, un’evidente incomprensione.

Questa, però, è la sfida che abbiamo di fronte e che chiede un supplemento di amore fraterno e paterno. Anche ascoltare domande “irricevibili” o “contraddittorie” può diventare un’opportunità per costruire una relazione, pure se risulta faticoso perché sono possibili e prevedibili incomprensioni o aspettative sbagliate.

L’Amoris lætitia suggerisce che anche la persona più lontana, quella che vorrebbe tutto e subito, non va pregiudizialmente mantenuta distante, ma va aiutata a interagire e a integrarsi nella comunità cristiana.

Tutto il capitolo ottavo della esortazione “Amoris laetitia” è caratterizzato, da una parte, dal riconoscimento e dall’affermazione della visione cristiana del matrimonio, e, dall’altra, dalla lucida consapevolezza della condizione di fragilità in cui oggi si trovano il matrimonio e la famiglia.

«Nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano», precisa il Papa (325).

Il punto di partenza è la consapevolezza che «il matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova per la società». «Altre forme di unione – puntualizza il Papa – contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo».

Non si tratta di cambiare la dottrina, ma semplicemente di guardare il pianeta famiglia con gli occhi del cuore per non perdere di vista la bellezza dell’ideale evangelico e nello stesso tempo considerare le effettive difficolta per la sua realizzazione.

«È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano. Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale: “Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. […] In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare». È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma. Questo non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con speciale attenzione”» (304).

«Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti – psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che “senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile”» (AL,308 citando Evangelii gaudium).

«Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà». La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non può mancare di fare propria questa realtà» (A.L, 305, citando Evangelii gaudium)

Per le situazioni difficili, complesse e cosiddette «irregolari» delle famiglie la legge da seguire è quella della «gradualità», già utilizzata da Giovanni Paolo II trentacinque anni fa, nella Familiaris Consortio, ripresa da Papa Francesco in Amoris Laetitia: «Non è una “gradualità della legge”, ma una gradualità nell’esercizio prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge. Perché anche la legge è dono di Dio che indica la strada, dono per tutti senza eccezione che si può vivere con la forza della grazia, anche se ogni essere umano «avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore definitivo ed assoluto nell’intera vita personale e sociale dell’uomo» (295).

Ho abbondato in citazioni, per mettere in evidenza che un determinato modo di porsi nei confronti di persone e situazioni, pur lasciato alla responsabilità dei sacerdoti e delle comunità, non è frutto di un pensiero soggettivo e sporadico, ma frutto del magistero della Chiesa.

Non è questa la sede per entrare nelle diverse situazioni concrete, ma quello che è necessario ritenere è che le due parole – «gradualità» e «discernimento» – usate per riferirsi a matrimoni civili e convivenze, sono parole essenziali da tener presente per ogni persona e situazione, proprio per poter camminare insieme.

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