Omelia Badia Fiorentina 21 gennaio 2021

Giovedì della Seconda Settimana Tempo Ordinario (Eb 7,25-8,6 – Salmo 39 –  Mc 3, 7-12)

Qualcosa sta cambiando: «Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare» (Mc 3,7).

Nei capitoli precedenti, Marco ci ha presentato un Gesù sempre “in cammino” per andare “altrove”, dal lago, alla casa, alla sinagoga. Si ritirava da solo per pregare e riacquistare energia.

Gesù cambia passo, non solo per i conflitti appena nati con i farisei e gli erodiani per aver guarito di sabato un uomo dalla mano paralizzata (Mc 3,1-6), ma per iniziare una nuova fase di intimità con chi ha lasciato tutto per seguirlo.

Gesù si ritira, ma la gente accorre a lui da ogni direzione. Nessuno viene respinto, nessuno viene escluso.

È un segno per la Chiesa, formata da tutti coloro che vengono per incontrare Gesù: nessuno deve essere né sentirsi escluso. La Chiesa non può chiudersi in sé stessa, come Gesù non si è chiuso nel suo desiderio di ritirarsi con i suoi.

La gente cerca Gesù senza neppure averlo ascoltato, ma per aver udito il racconto di quello che faceva.

Le motivazioni per cui la gente cercava, e ancora oggi cerca Gesù, possono essere molteplici: per guarire dalle malattie fisiche o dalle inquietudini che abitano il cuore o per ascoltare la sua parola.

La motivazione iniziale che muove può essere imperfetta. Le folle cercano miracoli e l’esaudimento dei propri desideri terreni e Gesù viene cercato guardando a sé stessi più che a lui.

Al di là della motivazione iniziale, il rapporto con Gesù può comunque risultare decisivo per avviare una trasformazione.

La trasformazione che può avviare l’incontro con Gesù, però, non può avvenire solo sapendo chi è Gesù, soprattutto se lo si sa per la propria appartenenza a Satana, come sottolinea Marco.

L’evangelista, infatti, mette in rilievo due atteggiamenti vicini fisicamente ma diametralmente opposti: il gettarsi della gente che vuole toccare Gesù per essere sanata e il cadere ai piedi di Gesù degli spiriti impuri, gridando la sua identità: «Tu sei il Figlio di Dio!» (Mc 3,11)

I demoni sanno chi è Gesù, ma lo sfuggono. La conoscenza che avvicina a Gesù è solo quella che deriva dalla comunione con lui.

La fede non è solo sapere chi è Gesù, non consiste nel fare una corretta professione di fede. La fede nasce e si rafforza facendo esperienza di lui e del suo amore. Un amore che trasforma e inserisce nella comunione con Dio.

Cristo, infatti, «può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore» (Eb 7,25).

Solo rimanendo nel suo amore potremo produrre molto frutto, come suggerisce il tema per questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, riprendendo l’evangelista Giovanni (cfr Gv 15,5-9).

Rimanere nell’amore di Cristo è il tesoro per il quale vendere tutto, perché da questo amore niente e nessuno ci può separare (cfr Rm 8,35-37) e che è un amore mai separato dall’amore per il prossimo.

Una palese testimonianza dell’amore e della forza di Cristo ce la danno i martiri, come santa Agnese di cui oggi facciamo memoria.

La storia della giovane fanciulla Agnese, come quella di altre persone, testimonia la stupenda possibilità di quello che umanamente appare assurdo: morire per un ideale di fede.

Malgrado le persecuzioni, pur opponendosi non ingiuriano i loro persecutori, testimoniando fino alla morte che l’amore è più forte dell’odio.

Qui troviamo l’attualità perenne di Agnese e di tutti i martiri, che non costituiscono solo una pagina della storia della Chiesa antica, ma sono anche una drammatica realtà del nostro tempo.

Ringraziando il Signore per i testimoni del suo Vangelo e del suo amore, preghiamo per i cristiani che in questo nostro tempo sono perseguitati e domandiamo di essere promotori di unità, con la carità che supera ogni divisione e ogni odio. Unità fra i cristiani. Unità del genere umano.

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