III Domenica Tempo Ordinario Anno B: Gn 3,1-5.10 – Dal Sal 24 (25) – 1Cor 7,29-31 – Mc 1,14-20
Dopo la missione di Giovanni Battista, che rappresenta il tempo dell’attesa e della preparazione, inizia il tempo non di un normale cambiamento, ma della conversione al Vangelo, unica, perenne buona d’amore: «Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1, 15).
L’annuncio di Cristo è sempre nuovo e sorprendete e ogni istante della nostra vita è il momento favorevole per cambiare mentalità, per convertirsi, accogliendo lui e il suo amore e divenendo noi stessi buona notizia per qualcun altro.
Il Vangelo non è una notizia che si trasmette solo con le parole. È una notizia buona che passa attraverso la vita di ciascuno, che si trasmette attraverso la qualità delle relazioni quotidiane: le relazioni sono il primo e più importante veicolo di evangelizzazione.
Penso che ciascuno di noi custodisca nel cuore nomi e volti di persone che sono state punto di riferimento, preziosi compagni di strada per un tratto di cammino, buona notizia, testimoni di vangelo.
Subito dopo l’invito alla conversione, Marco narra che Gesù, passando lungo il mare di Galilea, vede e chiama due pescatori, Simone e Andrea, e poi altri due, Giacomo e Giovanni.
Gesù non cerca leader solitari, oppure persone che vivono rapporti di convenienza, gregari che si attaccano al carro vincente in quel momento, pronti a saltare su un altro carro appena cambia il vento.
Il Signore cerca e chiama a relazioni umane vere e vitali, avvicinandosi e dicendo una sola parola: «Venite dietro a me» (Mc 1, 16-20).
Ogni chiamata esige sempre un distacco da qualche cosa o da qualcuno. Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, per seguire la chiamata di Gesù, lasciarono le reti, la barca, persino il padre.
Questo brano ci aiuta a riflettere sul nostro essere cristiani. Siamo cristiani per scelta, perché abbiamo sentito una chiamata, oppure lo siamo per tradizione o per nostra iniziativa?
Cosa abbiamo lasciato diventando cristiani, cosa è cambiato nella nostra vita? Abitudini, relazioni, idee, progetti sono rimasti gli stessi? Se non abbiamo fatto nessun distacco, se non viviamo nessun cambiamento, la nostra vocazione è certamente segnata da una certa ambiguità.
Il distacco non è rinuncia. Ma frutto di una scelta positiva. Superamento dato dell’accoglienza di Cristo che si dona per dare pienezza alla nostra vita, chiamandoci a diventare pescatori di uomini.
Se i pesci si pescano a vantaggio dei pescatori, pescare gli uomini tirandoli fuori dal mare vuol dire salvarli dalla morte, dal mare dell’angoscia, del tradimento, del fallimento, come sperimenterà Pietro durante il processo a Gesù (Mt 14,28-32).
Prima o poi, ciascuno si trova a sperimentare cosa significa rimanere impigliati in una rete dalla quale non riusciamo a liberarci.
Restiamo bloccati nei nodi dell’esistenza, nei vincoli delle situazioni che non si sciolgono o anche semplicemente nelle reti di una quotidianità ormai spenta e senza colore. Il rischio è che a un certo punto ci adattiamo o semplicemente non troviamo più la forza di guardare avanti.
Gesù ci chiede di trasformare la nostra vita non perché quello che abbiamo fatto fino ad ora non vada bene, ma per mettere quello che siamo a servizio di qualcosa di più grande. Per non chiuderci in atteggiamenti che mettono ideologicamente al primo posto le nostre visioni, anziché Dio e la sua parola, come evidenzia il racconto “parabolico” di Giona.
Celebrare la domenica della Parola di Dio, come ci ha invitato a fare papa Francesco, ci aiuta a riscoprire la priorità della Parola e la necessità di lasciarsi istruire dalla Parola, che Dio ci dona per la nostra salvezza.