Quinta domenica di Quaresima Anno B: Ger 31,31-34 – Dal Sal 50 (51) – Eb 5,7-9 – Gv 12,20-33
Quando le relazioni si spezzano, è difficile ricostruirle. Restano pregiudizi, rancori, sfiducia.
Per questo viviamo sulla difensiva, cercando relazioni rassicuranti, che non ci feriscano, anche se quest’atteggiamento rischia di impedendoci di arrivare ad amare veramente.
Le letture di questa domenica, ci presentano un altro tipo di atteggiamento, che esprime non solo il modo di amare di Dio, ma anche quello che deve caratterizzare il cammino di ogni discepolo.
Le parole di Geremia nella prima lettura ruotano intorno all’immagine dell’alleanza, un patto, un’amicizia, una relazione di intima comunione: «Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo» (Ger 31.33).
Parole che Dio ripete nonostante le numerose infedeltà, dopo che l’alleanza è stata infranta più volte dal popolo.
Anzi, la “nuova Alleanza” di cui parla Geremia è ancora più intima e profonda. Si tratta di una comunione di più alta qualità, non più affidata a norme e leggi e neanche a un rito, come la circoncisione, ma sarà “scritta sul cuore”.
Non a caso, questa nuova alleanza sarà portata a compimento da Gesù sulla croce, da colui cioè che quando sarà innalzato, attirerà tutti a sé (cfr Gv 12,32).
Il “cuore” nella Bibbia non è solo il mondo delle emozioni, pure importanti, ma è il vero centro della persona, il luogo dove la volontà prende le decisioni e fa le sue scelte.
Dio non si arrende davanti alla nostra infedeltà. Con il suo amore tenace suscita nell’uomo il desiderio del cambiamento. È quello che chiede l’orante nel Salmo 50, quando chiede un cuore puro, un cuore libero di accogliere l’amore.
A volte Dio ci sta davanti con la sua misericordia, ma noi siamo incollati al nostro passato, siamo fissati sui nostri errori, facciamo fatica a lasciarci amare in un modo nuovo, aprendo una pagina nuova della nostra vita.
In una relazione possiamo dire di amare solo se arriviamo a consegnarci pienamente.
Gesù sulla croce è l’immagine di questo amore pieno e fiducioso, perché, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei, si è abbandonato anche quando si è sentito abbandonato.
Anche nelle nostre relazioni, soprattutto quelle intime, siamo chiamati a consegnare la vita, a fidarsi di colei e di colui con cui condividiamo il nostro percorso esistenziale.
Ogni relazione se non è una consegna reciproca non è mai autentica. L’amore si sperimenta solo nella consegna.
È l’immagine che ci viene presentata dal Vangelo: il chicco di grano si consegna alla terra (cfr Gv 12,24). Ed è l’unico modo per portare frutto. Se il chicco di grano non si lascia avvolgere dalla terra, se non passa attraverso il dolore della spaccatura che fa germogliare la pianta, non sarà mai fecondo.
Non riuscirà mai ad amare chi ha paura di perdersi, chi trattiene la vita, senza consegnarla neppure nelle relazioni più significative e importanti della vita.
Consegnare la vita non è spontaneo né facile. Gesù stesso confessa: «Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome» (Gv 12,27-28).
Se non impariamo a fidarci di lui nelle scelte quotidiane di vita, celebrare la Pasqua ci servirà a poco.
«Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). È una domanda che anima anche la nostra ricerca. Ma Gesù non è uno alla ricerca di like sul suo profilo del mercato religioso e non ama i fans.
Tanto che alla domanda di vederlo non risponde con un “sì” o con un “no”, ma mira diritto alla sua missione: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato» (Gv 12,23). Come dire: mi vedrà chi mi segue e condivide il mio cammino, consegnando la propria vita.
Che il Signore ci aiuti a passare dal nostro io a Dio, dal pensare cosa serve a noi al preoccuparsi cosa serve agli altri e di far diventare dono la nostra vita.