Giovedì terza di Pasqua: At 8,26-40 Sal 65 Gv 6,44-51
Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù afferma chiaramente: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre» (Gv 6,44). E ricorda che i profeti avevano annunciato che: «tutti saranno istruiti da Dio» (Gv 6,45).
È Dio che attira al Figlio e istruisce alla sua conoscenza. Senza l’azione del Padre, non si può conoscere Gesù. È infatti lo Spirito di Dio, lo Spirito di verità, che ci guida «alla verità tutta intera» (Gv 16 13): E Gesù è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
Sì può studiare e meditare la Scrittura, sapere tutto su Gesù, si può addirittura riconoscerlo come Messia, ma conoscere il mistero di Cristo è possibile solo se attirati e istruiti dal Padre, come appare chiaro anche dalle parole che Gesù rivolge a Pietro dopo la sua professione di fede: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17).
Il Padre attira e istruisce ogni donna e ogni uomo operando nell’intimo di ciascuno. Ma attira e istruisce anche attraverso la testimonianza di coloro che già sono stati attirati e istruiti da lui.
Non sono le tante meditazioni e le belle omelie e neppure le opere buone, anche se grandi, che da sole attraggono e istruiscono sulla realtà di Gesù Cristo, ma la testimonianza e la preghiera.
Senza la testimonianza di una vita vissuta nell’intimità con Cristo, di una vita che si nutre di lui pane dato per «la vita del mondo» (Gv 6,51), si può certamente attrarre con le belle prediche o le buone opere, ma si attrae a noi, non a Gesù.
Del resto il centro della vita credente è l’annuncio di Cristo, che avviene anche con le parole e le opere, ma principalmente con la testimonianza di vita sostenuta dalla preghiera.
È il Padre che attrae e istruisce. È lo Spirito che opera in chi annuncia e in chi riceve l’annuncio, che mette nel cuore il desiderio della fede e che muove l’annunciante, affinché il seme della fede possa sbocciare nel profondo del cuore e portare la gioia di Cristo.
Un esempio concreto lo troviamo nella prima lettura, tratta degli Atti degli Apostoli.
Dio stesso, attraverso il suo angelo, invia Filippo su una via deserta, ma dalla quale di lì a poco passa l’amministratore dei beni della regina di Etiopia
La disponibilità al movimento e la capacità di ascolto di Filippo incontrano il desiderio di conoscere Dio e di comprendere la Scrittura dell’Etiope e conducono a maturazione il seme della fede posto da Dio nel cuore del funzionario della regina Candàce: «cosa impedisce che io sia battezzato?» At 8,36).
Il Padre ha preparato con cura l’incontro dell’Etiope con Filippo: ha messo una sana inquietudine nel suo cuore e favorito il suo viaggio a Gerusalemme per il culto ed ha ispirato la lettura di un preciso passo di Isaia. Tutto per attrarre al Figlio.
Per portare a termine il percorso, però, c’è voluto l’incontro tra l’umiltà dell’Etiope, che pur essendo una persona colta non si vergogna a dire a Filippo la sua incapacità di comprendere quanto stava leggendo, e Filippo, persona già attirata e istruita da Dio, che la feconda relazione con Cristo ha reso disponibile a uscire dalla situazione in cui si trova per testimoniare la propria fede, anche se inviato in una strada “deserta”.
Mi pare un richiamo forte per ciascuno di noi, per le nostre comunità e per la Chiesa intera.
Anzitutto l’umiltà. Non si può essere cristiani “fai da te”, perché non si è cristiani da soli. La nostra coscienza ha certamente l’ultima parola perché in essa risuona la voce di Dio (cfr G.S. 16), ma prima e dopo c’è un cammino comune nell’accoglienza della Parola e nella vita di comunione ecclesiale: «quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo (Gv 1,3).
Il dono della fede, non è mai un fatto privato: frutto di una relazione, apre alla relazione. È un dono da condividere. Un dono che apre e muove, che rende compagni di strada degli uomini e delle donne del nostro tempo, che si fa ascolto dell’inquietudine presente nel cuore delle persone incontrate. Un dono che trasmette la gioia dell’aver incontrato Cristo, attratti e istruiti da Dio e attraverso la testimonianza, la preghiera e l’annuncio della Chiesa.