Schema Omelia domenica 13 giugno 2021

XI Domenica Tempo Ordinario Anno B: Ez 17,22-24   Sal 91   2Cor 5,6-10   Mc 4,26-34

La fiducia di cui parla Paolo nella seconda lettura, e che lo anima, quando le cose gli vanno bene ma anche quando si trova in gravi difficoltà, nasce dalla sua fede nel Signore Gesù e dalla certezza di essere chiamato alla comunione con lui.

Paolo, infatti, trova forza nel sapere che «siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo» (2 Cor 5,6) e che ogni persona si realizzerà pienamente solo quando sarà «presso il Signore» (2 Cor 5,8).

Questo mondo è come la città dove temporaneamente si vive e si lavora. È necessario spendersi per renderla sempre più umana e fraterna, ma la vera città, dove il nostro cuore trova pienezza, è la città del cielo (cfr Ap 21,1-22,15).

La fede genera fiducia, la fiducia sostiene la speranza, la speranza accende la carità, che rende concreta nell’oggi della vita sia la fede che la speranza.

La fiducia di cui parla Paolo è la stessa che intendono suscitare le tre immagini che oggi ci vengono presentate: un’operazione di innesto, il ramoscello piantato sopra un alto monte di cui parla la prima lettura; il seme che affronta la morte sotto la terra per portare frutto e la piccolezza di un seme che ci sorprende con la sua trasformazione e la sua crescita, di cui parla il vangelo.

Il profeta Ezechiele e Gesù presentano queste immagini come esempio della forza di Dio che entra nella storia e la trasforma al di là di ogni apparenza e aspettativa.

Può capitare anche a noi di sperimentare uno sradicamento da un contesto e di doversi reinventare in un altro luogo, come evoca l’immagine ramoscello tagliato dalla punta del cedro.

Per molti, la necessità di collocarsi in un altro ambito di vita e di lavoro e di reinventarsi, è oggi una realtà molto concreta, imposta dalla pandemia per i cambiamenti prodotti dai suoi effetti.

Ogni sradicamento ci fa vivere un senso di smarrimento e di paura del futuro. Però, come il ramoscello di cedro, per fiorire a volte abbiamo proprio bisogno di ricominciare con altro o altrove.

Le due piccole parabole presentate da Gesù, sono come due fari che illuminano il mistero del Regno di Dio e sostengono le ragioni della nostra speranza e del nostro impegno nella storia.

Con la prima immagine Gesù ci chiede un preciso atteggiamento: uscire e gettare il seme sul terreno (cfr Mc 4,26). Il resto non compete a noi, né dipende da noi.

Il messaggio per noi è dirompente: la vita accade al di là delle nostre capacità e delle nostre forze.

Normalmente vogliamo avere tutto sotto controllo e stiamo male quando non ci riusciamo. Forse perché, al di là delle parole, dentro di noi siamo convinti che tutto dipenda da noi. Ma non è così.

Come l’uomo della parabola getta il suo seme sul terreno, così ciascuno di noi è chiamato a “seminare” la propria vita, a compiere le proprie scelte fidandosi di Dio.

Ogni scelta porta sempre con sé un margine di rischio. Il rischio zero nella vita, fortunatamente, non esiste. Non siamo frutto di un calcolo matematico.

Occorre certamente un serio discernimento, ma poi bisogna scegliere, senza rimanere bloccati per paura di rischiare. C’è qualcosa di peggio di ogni eventuale sbaglio: non provarci nemmeno.

Non verrà fuori nessun grano da un campo dove non è stato seminato nulla. Da quello seminato, assieme al grano, potrà anche venir fuori erbaccia. Ma sicuramente non viene fuori nulla se non si semina nulla, eccetto quello che casualmente viene portato dal vento.

Il Regno di Dio, ci dice Gesù con la prima parabola, è un dono e occorre essere consapevoli che quello che accogliamo, annunciamo e testimoniamo, non solo è più grande di noi, ma non ne conosciamo neppure la potenza.

Siamo davvero vasi di creta che portano un grande tesoro (cfr 2 Cor 4,7), chiamati a vivere il presente come tempo decisivo, anche se può apparirci piccolo e insignificante, come evoca la seconda immagine presentata da Gesù.

La piccolezza che sorprende è una caratteristica dell’agire di Dio. Dio opera con quello che è semplice e messo da parte.

L’immagine del granello di senape è anche un invito a non considerare inutile quel poco che facciamo e il poco che vediamo in noi.

Quando ci sentiamo piccoli, inutili, deboli, proviamo a fidarci della forza e della ricchezza che Dio è capace di mettere e far sgorgare dentro di noi. A Dio niente è impossibile.

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