Un’altra economia è possibile: da Assisi 2020 (The Economy of Francesco) a Taranto 2021 (Il pianeta che speriamo)

Incontro promosso dalle ACLI di Firenze – Vallombrosa 20 giugno 2021

Intervento di don Giovanni Momigli Direttore Ufficio Problemi Sociali e Lavoro diocesi di Firenze

Se un’altra economia è possibile significa che è anche doverosa, viste le le ingiustizie, le disuguaglianze e le ferite prodotte dall’attuale modello economico.

Un’altra economia è doverosa anche e soprattutto per la responsabilità che abbiamo verso i giovani e le generazioni future.

Il bisogno di una diversa economia e il bisogno di impegnarsi per trasformare quella attuale, sono esigenze fortemente sentite nel mondo giovanile, come dimostra la grande adesione registrata all’iniziativa lanciata da papa Francesco, con la lettera del 1° maggio 2019, indirizzata proprio ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondo, invitandoli ad Assisi per riflettere insieme su The Economy of Francesco.

I numeri parlano da soli. Questa iniziativa ha coinvolto oltre 3.000 giovani economisti e imprenditori di 115 Paesi e ispirato più di 300 incontri preparatori in tutto il mondo. Se c’è stata una così alta adesione significa che c’è un bisogno reale.

Si può dire che oggi The Economy of Francesco è un processo avviato anche se non è ancora ben definibile, se non nel bisogno e nell’obiettivo: l’economia così non va e va cambiata, per il bene degli uomini, dei popoli e del pianeta.

L’iniziativa nasce con i giovani, nasce dall’idea del papa di parlare e di ascoltare chi oggi si sta formando e sta lavorando per una economia fraterna e più giusta, all’altezza dei tempi nuovi.

I giovani hanno ancora una capacità e una disponibilità al cambiamento e se noi tutti vogliamo alimentare la speranza, dobbiamo muoversi con loro.

Capire l’economia e operare per cambiarla, significa operare per cambiare il mondo.

Senza una stagione di pensiero economico nuovo non si va da nessuna parte, perché oggi l’economia è la grammatica del linguaggio sociale. È un grande fattore di innovazione aver compreso che l’economia è una priorità se davvero si vuole cambiare il mondo in senso umanistico e cristiano.

Il mondo va cambiato dal di dentro, spendendosi in ogni ambito di vita e di lavoro.

Viviamo in una trama di relazioni interpersonali e sociali ed è in questa trama, pienamente immersi senza timore di sporcarsi le mani, che siamo chiamati ad essere sale e luce (cfrr Mt 5,13-16).

Per vivere questa trama di relazioni, la Dottrina Sociale della Chiesa offre dei principi di riflessione, dei criteri di giudizio, delle indicazioni di azione.

Non basta la denuncia, anche se la denuncia rappresenta l’aspetto critico della Dottrina Sociale. La denuncia non basta e non può neppure essere il primo momento.

Il primo momento è l’annuncio, perché è questo che precede e fonda la denuncia. Sulla base dell’annuncio, infatti, si basa la denuncia di tutto quello che lo contraddice. Ad esempio, l’annuncio che i beni della terra sono destinati a tutti, porta alla denuncia dei monopoli e delle concentrazioni di ricchezza.

Dall’annuncio nasce la proposta e si avvia un percorso che necessariamente è caratterizzato dalla gradualità e dalla fatica, che per svilupparsi ha bisogno di punti di riferimento chiari, di forte determinazione e di ampio coinvolgimento, di un conteso sociale e culturale favorevole.

I punti di riferimento immediati per cercare di declinare nella concretezza della situazione generale e particolare in cui ci troviamo, sono la Laudato sii, la Fratelli tutti, il percorso di The Economy of Francesco, che vedrà un momento comune il 2 ottobre; la 49à Settimana Sociale che si terrà a Taranto dal 21 al 24 ottobre prossimo sul tema: Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso. A questi va aggiunta la 16 Giornata per la Custodia del Creato, di settembre.

Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, è essenziale saper vedere e interpretare i segni dei tempi.

Fra questi c’è sicuramente il ripensamento dei nostri stili di vita, per contribuire, a tutti i livelli, a sostenere il processo di conversione e transizione ecologica, umana e ambientale, alla quale invita la Laudato sii (particolarmente al capitolo VI), e l’Instrumentum laboris in preparazione della Settimana Sociale di Taranto, affermando che la transizione deve essere «insieme sociale ed economica, culturale e istituzionale, individuale e collettiva» (27).

La transizione ecologica presuppone un nuovo patto sociale e l’educazione alla responsabilità, così come un patto sociale è necessario nell’indispensabile ripensamento del modello di sviluppo locale del post pandemia, di cui si discute in questo periodo.

«Nessuno dovrebbe essere lasciato da parte in un dialogo per il bene comune, il cui obiettivo è, soprattutto, costruire, consolidare la pace e la fiducia tra tutti», come ha detto Papa Francesco nel videomessaggio alla 109à Conferenza Internazionale del Lavoro, lo scorso 17 giugno.

Molti oggi dicono che la pandemia ci ha fatto capire “che non si può fare da soli”; “l’importanza dell’aggregazione sociale”; “l’importanza dello sport”; “l’importanza della necessità di investire in curo e sviluppo dei diritti”; “che ci sono alcuni concetti fondamentali su cui bisogna puntare tutti insieme, a partire dal rispetto dell’ambiente e passando per la tecnologia, fino ad arrivare all’innovazione”. E potremmo continuare.

Ma siamo davvero sicuri che abbiamo capito? A seguire il dibattito in corso nei vari ambiti e ai vari livelli e le aspettative delle persone, non sembra affatto che la pandemia ci abbia insegnato in modo tale da farci cambiare le nostre priorità e le nostre modalità operative.

La chiesa deve essere terreno fertile che permette ai semi di crescere, ma non per esserlo deve superare tutto quello che favorisce una religiosità senza cittadinanza per valorizzare la fede, con la dimensione sociale che comporta.

Consapevoli che siamo tutti sulla stessa barca, come credenti siamo chiamati a remare con tutti e con le nostre forze, favorendo la creazione di reti di incontro e di confronto, di analisi e di iniziativa.

Questo cammino insieme, oltre che una modalità che consente sinergie inedite, rappresenta anche una sfida culturale.

È vero c’è molta stanchezza. Ma su un piano spirituale e concreto, va ricordato che «la stanchezza è selettiva: sempre ci fa vedere il brutto del momento che stiamo vivendo e dimenticare le cose buone che abbiamo ricevuto» (Messa nella cappella della Casa Santa Marta, 9 aprile 2019).

Il problema non è essere pochi, ma insignificanti, non convincenti. Ecco l’importanza della formazione di donne e di uomini che siano spiritualmente elevati, abbiano un’alta tensione etica e ideale e al tempo stesso sappiano coltivare la propria professionalità.

Come dice Papa Francesco, «il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade» (Veritatis gaudium).

Una nuova economia è certamente possibile. Può diventare realtà se, a partire dalle parrocchie e dall’associazionismo, non ci si limita ai pur necessari richiami al magistero del papa, ma si comincia a vivere la città da cittadini responsabili e a operare ai vari livelli senza paura di sporcarsi le mai e di sbagliare. Peggio degli errori c’è solo l’inerzia e la corruzione.

 

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