Omelia 8 settembre 2021 – Festa patronale a Santa Maria a Scandicci

Natività della Beata Vergine Maria: Mi 5,1-4   Sal 12  Rm 8,28-30  Mt 1,1-16.18-23

L’insistenza dell’evangelista sulla genealogia, sulla successione delle generazioni, non solo pone Gesù nel solco della discendenza davidica e della stessa storia di Israele partendo da Abramo, ma costituisce un forte richiamo per ciascuno di noi: non possiamo pensarci indipendentemente dalla rete di relazioni che ci hanno preceduto e da quella nella quale siamo inseriti nell’oggi della nostra vita.

La consapevolezza che quello che siamo è frutto della storia e della serie di relazioni di chi ci preceduto, della storia e delle relazioni che viviamo nel nostro presente, è una condizione indispensabile per non perdersi nell’ingannevole clima di individualismo e di altalenante conformismo che domina questa nostra società.

Ci deve anche accompagnare la consapevolezza che le future generazioni saranno il frutto delle relazioni che oggi viviamo, delle responsabilità che siamo capaci di assumere, dei valori e delle opportunità che sapremo trasmettere loro, anche riguardo alla vita e alla fede.

Il rischio, tutt’altro che remoto, è quello di vivere affogati nella transitorietà di un oggi privo di senso, senza una positiva proiezione sul domani, perché abbiamo cancellato la memoria e inibite le relazioni significative nel nostro presente.

Questo momento storico, segnato da un cambiamento d’epoca che la pandemia ha reso ancor più evidente, esige, non semplici aggiustamenti, ma un vero e proprio cambio di prospettiva ed il recupero delle relazioni interpersonali e comunitarie, sia in ambito civile che in ambito ecclesiale.

La fase che stiamo vivendo non può essere semplicemente segnata dal senso della ripartenza, con l’illusoria pretesa di continuare su strade e con modalità che già manifestavano la loro inadeguatezza.

Serve, anche in ambito ecclesiale, un profondo rinnovamento nel sentire, nel pensare, nel ragionare e nell’operare, consapevoli che tutto è connesso e che è richiesta una nuova consapevolezza e una rinnovata responsabilità personale e collettiva.

Serve una vera e propria rinascita. Del resto Gesù, parlando con Nicodemo, lo ha detto con chiarezza: «Se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3).

La nascita di Maria segna l’imminenza di una nuova e decisiva fase della storia della salvezza, anche se questa novità non è stata pubblicamente avvertita.

Perfino il momento in cui Maria, con il suo eccomi (cfr Lc 1,38), ha concepito il Verbo di Dio, è rimasto in ambito privato, tanto che Giuseppe «pensò di ripudiarla in segreto» (Mt 1, 19).

La percezione pubblica è iniziata con la nascita di Gesù ed è divenuta consistente con la sua predicazione e la sua azione. Il culmine, però, è stato raggiunto dagli eventi che hanno cambiato la storia del mondo: la morte di Gesù sulla croce e, soprattutto, con la sua risurrezione.

Non dobbiamo, quindi, aspettarci che intraprendere quei cambiamenti, anche profondi, che lo Spirito e la storia ci chiamano ad attuare, abbandonando visioni e modalità operative superate dai fatti, abbiano una ripercussione e una rilevanza immediatamente evidenti, se non nella nostra vita personale, nelle nostre relazioni interpersonali e comunitarie.

Il parametro vitale che caratterizza una nuova nascita, non è dato dal numero dei preti e da quello dei praticanti. Neppure dalla creatività, l’efficienza e la qualità delle iniziative.

Il parametro vitale è dato da quella rigenerazione nutrita e sostenuta dalla Parola, di cui parla la Prima lettera di Pietro. Lettera, che, con la Chiesa fiorentina, ispirerà e accompagnerà il nostro percorso parrocchiale di catechesi nell’anno pastorale che oggi iniziamo.

La rigenerazione in Cristo determina un nuovo modo di essere-nel-mondo: non «ciascuno seguendo la sua strada» (Is 53,6), ma insieme sulle orme del Cristo pastore e custode (cfr 1 Pt 2,21-25). È Lui il fulcro di tutto, il centro di coesione della «fraternità sparsa nel mondo» (1 Pt 5,9).

Come afferma l’Arcivescovo nel sussidio diocesano per la catechesi sulla lettera di Pietro: «i cristiani non si possono pensare al di fuori della comunità e a prescindere dai legami fraterni». E sappiamo bene che ci può essere comunità e fraternità solo nella ricchezza e nella fatica della relazione.

La relazione vissuta «alla luce del vangelo e dell’esperienza umana» (GS, 46) rende credenti maturi e testimoni pensanti; persone capaci di ascolto, di ricerca e di proposta, che fanno della collaborazione e della condivisione la modalità del proprio esserci, in ambito ecclesiale e civile.

Il nostro essere e sentirsi piccoli di fronte alla grandezza della chiamata non deve farci paura. Anche Betlemme era una piccola realtà. Ma, come abbiamo udito dal profeta Michea nella prima lettura, è proprio da questa piccola realtà che verrà l’Atteso delle genti.

Non dobbiamo temere neppure di compiere errori, sia perché «sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28), sia perché il nostro non è un cammino isolato: ci muoviamo nella e con la Chiesa.

Lo Spirito Santo che è disceso su Maria susciti in tutti noi apertura alla relazione e al futuro e la disponibilità ad accogliere la parola che purifica, rigenera e salva.

Nella festa della sua nascita, chiediamo fiduciosi a Maria, patrona della nostra parrocchia, di accompagnare e sostenere la risposta della nostra comunità a quanto lo Spirito ci domanda.

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