XXIX Domenica Tempo Ordinario Anno B: Is 53,10-11 Sal 32 Eb 4,14-16 Mc 10,35-45
Continuando il cammino verso Gerusalemme, Gesù constata nuovamente che i suoi discepoli continuano a non capire, a fraintendere le sue parole, a pensare e a valutare con criteri tutti umani.
Dopo che per la terza volte Gesù confida la sua angoscia davanti all’ormai imminente prospettiva di sofferenza e di morte, pur culminante nella risurrezione, ancora una volta i discepoli dimostrano di non essere in sintonia con lui, continuando a pensare con schemi solo umani
Sono animati da un grande entusiasmo per Gesù e per la causa del Regno, ma le loro aspettative e il loro zelo sono inquinati dallo spirito del mondo: progettano il loro futuro modellato sulle sole aspettative umane, anziché essere animati dallo spirito e dalla logica del Regno annunciato da Gesù.
In tutto il suo percorso, con grande pazienza, Gesù cerca di correggere quelli che ha chiamato e lo hanno seguito, perché si convertano dalla mentalità del mondo a quella di Dio.
E lo fa anche questa volta, dopo la perentoria richiesta di Giacomo e Giovanni, «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,37) e la reazione indignata degli altri dieci.
Il brano fa emergere una caratteristica che non risparmia quasi nessuno: la ricerca spasmodica del “primo posto”. Una ricerca viva e attiva in ogni ambito della vita e che pesa su ogni relazione, dai gruppi spontanei a quelli organizzati, dalla famiglia alla Chiesa, dal lavoro, alla politica.
I due fratelli e gli altri dieci sono ancora plasmati da una mentalità che possiamo definire la conseguenza culturale e antropologica del peccato: l’autoreferenzialità, quel guardare solo a sé stessi che fa abortire le relazioni e produce rottura della fraternità e della comunione.
Gesù li chiama a sé, nell’intimità, cuore a cuore, come se dovessero ricominciare da capo. È necessario stare con Gesù, seguirlo, metterlo al centro, per ricomporre la fraternità e avviare relazioni nuove e solidali, che non si basano su nessun tipo di primato, ma sul servizio.
Alla logica del potere, Gesù contrappone non un semplice richiamo morale, ma proprio la vita, posta a servizio e donata per amore.
Con una semplice espressione, Gesù mette in evidenza quella che è la differenza cristiana: «Tra voi non è così!» (Mc 10,43).
Tra voi non il dominio, ma il servizio; non l’oppressione, ma la fraternità. Servizio e fraternità sono un modo di stare nel mondo secondo la logica di Dio, per affrontare anche le grandi questioni e rendere il mondo più umano.
È l’amore a fare la differenza tra la logica umana del potere e la logica del potere secondo Dio: Gesù «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).
La prospettiva che muove i dodici viene radicalmente capovolta. Gesù ha liberamente acconsentito ad abbassarsi alla condizione di schiavo e a morire come un reietto. Ogni pretesa di dominare sugli altri, pertanto, è incompatibile con l’essere discepoli di Gesù.
Ma Gesù non soffoca il desiderio. Ogni desiderio umano ha sempre dietro una parte sana, magari piccolissima, ma che non va distrutta. Dietro ad ogni desiderio, anche il più storto, c’è sempre una matrice buona, un desiderio di vita, di bellezza, di armonia.
Il desiderio, quindi, va educato, indirizzato nella giusta direzione: «chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,43).
La nostra persona e la persona dell’altro sono tesori di cui prendersi cura. E per farlo il primo atteggiamento è l’ascolto.
Come dice la lettera per il cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, che i Vescovi indirizzano alle donne e agli uomini di buona volontà: «“Ascolta!” è l’imperativo biblico da imparare: ascolto della Parola di Dio e ascolto dei segni dei tempi, ascolto del grido della terra e di quello dei poveri, ascolto del cuore di ogni donna e di ogni uomo a qualsiasi generazione appartengano».
Il cammino sinodale, che oggi inizia in ogni diocesi d’Italia, dovrà essere caratterizzato proprio dall’attenzione all’altro e dall’ascolto, per crescere nella «cura gli uni degli altri», per rendersi conto che «le vicende di ciascuno si intrecciano con quelle degli altri» e per «riscoprire il senso dell’essere comunità».
L’attuale fase storica esige un salto di qualità, anche sul piano antropologico. O riusciamo a rendere più umano il mondo, coltivando l’attenzione all’altro e curando le relazioni interpersonali e comunitarie, oppure regrediamo.
La logica rinnovatrice del Vangelo esige da noi un’autentica conversione del cuore e della mente. Una svolta personale e comunitaria, per concorrere tutti insieme, con impegno e generosità, a rinnovare la Chiesa e il mondo.
Come ha fatto con i dodici, Gesù ci chiama attorno a lui, per ascoltare la sua parola, per riprendere il cammino su logiche nuove ed essere, insieme, «sale della terra e luce del mondo» (cfr Mt 5,13-16).