Schema Omelia 1 gennaio 2022

Santa Maria Madre di Dio. 55à Giornata Mondiale della Pace: Nm 6, 22-27   Sal 66   Gal 4,4-7   Lc 2,16-21

Come abbiamo ascoltato nella prima lettura, Dio fa a Mosè una richiesta precisa: «Parla ad Aronne e ai suoi figli» dicendo loro di benedire gli Israeliti con queste parole: «Ti benedica il Signore e ti custodisca… faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.. rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (cfr Nm 6,22-24).

Abbiamo davvero bisogno di iniziare questo nuovo anno sotto la benedizione di Dio e lo splendore del suo volto di Dio. E abbiamo anche bisogno di diventare benedizione gli uni per gli altri.

Con il persistere della pandemia, con tutto quello che porta con sé e quello che determina, aumentano le inquietudini, il senso di smarrimento e di insicurezza, sul piano personale e su quello sociale. Le difficoltà si fanno più pesanti, le incomprensioni più profonde e si moltiplicano divisioni e conflitti.

Non dobbiamo però far prevalere il disfattismo e lasciarci prendere dalla paura. La storia dell’umanità, anche quella recente, ci insegna che impariamo dalle nostre miserie e che possiamo rinascere dalle nostre macerie.

Tutto lo scorrere degli eventi è scandito dalla piccolezza, dalla precarietà e dalla vulnerabilità della persona umana. Anche l’evento della salvezza è segnato dalla piccolezza e precarietà di un bambino che i pastori, seguendo la voce dell’angelo, trovano con Maria e Giuseppe «adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16).

Dio benedice, ossia dice bene, coma narra il libro della Genesi, vedendo quello che ha creato: «vide che era cosa buona» (Gen. 1,3.10.12.18.21.25). E, dopo aver creato l’uomo, maschio e femmina, la benedizione è ancora più marcata: vide che «era cosa molto buona» (Gen 1,31).

Il dire bene di Dio dopo aver visto, ci dice che dobbiamo vedere in faccia la realtà, senza lasciarsi assorbire dalle congetture e ricordando che non basta guardare per vedere e capire.

Non abbiamo l’occhio di Dio, anche se attraverso la sua parola siamo chiamati ad assumere il suo sguardo sull’uomo e sul mondo. Ma possiamo sicuramente avere l’atteggiamento di Maria, che «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19).

Possiamo prestare maggiore attenzione alle persone e alle situazioni, evitando così formalismi, astrattezza e superficialità. Lo sguardo va accompagnato dal pensiero e dal cuore, per vedere le diverse connessioni e i possibili sviluppi e, soprattutto, per accogliere le persone prestando loro ascolto.

L’atteggiamento di ascolto, oggi, per la verità, cozza con la cultura che oggi plasma la nostra quotidianità, i nostri stili di vita.

L’istantaneità dell’informazione e l’amplificazione eccessiva di ogni cosa, mettendo tutto sullo stesso piano, ad esempio, non aiutano a custodire le cose nel cuore e a fare il necessario discernimento.

Per ascoltare non basta sapere. E ascoltare è molto più che udire.

La disponibilità all’ascolto ci aiuta a distinguere l’opinione dalla conoscenza, il vero dal falso, l’essenziale dall’accessorio, il bene dal male, il razionale dall’emotivo, ciò che ha una consistenza da ciò che è solo apparenza.

L’ascolto ci libera dalla tentazione dell’indifferenza, perché esige un movimento di apertura, di vicinanza e di accoglienza.

L’ascolto vero ci toglie dalla semplice condizione di spettatori e ci colloca in quella di protagonisti; ci impedisce di vivere la vita degli altri, chiacchierando di loro, e ci porta a vivere la vita con gli altri e per gli altri, dialogando con loro.

L’anno che stiamo iniziando, e tutto il tempo che ci è concesso di vivere, è come un giardino che ci viene consegnato, perché lo coltiviamo e lo facciamo fruttificare. Il tempo è la possibilità che ci è data per prenderci cura della nostra casa comune e rendere più umano questo nostro mondo.

Per prendersi cura del creato e delle creature, però, è necessario aver cura del nostro cuore, nutrendolo con il continuo ascolto della parola di Dio.

Maria, che oggi celebriamo Madre di Dio, custodendo «tutto nel cuore» (cfr Lc 2,19), ci insegna proprio ad aver cura della vita interiore, perché è dal cuore che nasce il bene ed è sempre dal cuore che possono uscire «propositi di male» (cfr Mc 7,21ss)

Da quello che dice il vangelo dei pastori, descrivendoli sempre in movimento – «andarono senza indugio, trovarono, riferirono, se ne tornarono glorificando e lodando Dio» (Lc 2,16-17.20) – possiamo anche trarre l’indicazione che per educare il cuore e accogliere la grazia che salva, non dobbiamo cedere alla passività, ma restare in movimento.

Le tre vie che, nel suo messaggio per la 55à Giornata Mondiale della Pace, Papa Francesco indica per la costruzione di una pace duratura, mi pare possano essere assunte anche come modalità per prendersi cura del nostro cuore, oltre che per prendersi cura delle persone, del mondo e del creato.

Tre elementi imprescindibili, come dice lo stesso papa Francesco, per dare vita a un patto sociale: «il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. L’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Il lavoro, per la piena realizzazione della dignità umana» (1).

All’inizio del nuovo anno, invochiamo dal Signore la disposizione all’ascolto di persone e situazioni. L’ascolto libera dalla prigione dell’autoreferenzialià, aiuta ad allargare gli orizzonti della mente e del cuore ed è condizione indispensabile per affrontare le sfide che ci stanno davanti, senza paura di lasciare alle spalle vecchi schemi e vecchie abitudini, per seguire le tre vie indicate dal Papa e per costruire insieme le risposte più idonee a rendere la nostra comunità e la nostra città più equa e fraterna, capace di prendersi cura di chi la abita e di chi la frequenta.

Maria, Madre di Cristo e madre della chiesa, interceda per noi!

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