Epifania del Signore: Is 60,1-6 Sal 71 Ef 3,2-3.5-6 Mt 2,1-12
I vangeli raccontano che l’annuncio della tenerezza e della salvezza di Dio, divenute visibili in un bambino, non muove le persone religiose che pur sanno della venuta del Messia, perché il loro cuore è fermo sulla difensiva, chiuso alla novità di Dio.
Si muovono i pastori, persone lontane per condizione sociale e morale. E si muovono i magi, lontani per cultura e per fede.
Pastori e Magi, pur molto diversi tra loro, hanno in comune il cielo. I pastori si sono mossi non perché erano buoni, ma perché alzando gli occhi al cielo hanno visto gli angeli e hanno ascoltato la loro voce. E i Magi si sono messi in viaggio perché scrutavano il cielo in attesa di un segno che guidasse la loro ricerca verso un senso e una pienezza fortemente desiderati.
Sia i pastori che i Magi suggeriscono che per incontrare Gesù è necessario alzare lo sguardo da sé stessi, prestare attenzione a quello che accade intorno a noi, mettersi in cammino, senza rimanere incollati alle proprie sicurezze e alle proprie abitudini.
Per incontrare Gesù bisogna scrutare i segni che il Signore pone lungo il nostro cammino, essere umili nel chiedere, disponibili ad ascoltare parole nuove e, soprattutto, ad ascoltare e seguire la sua Parola. Ed occorre avere nel cuore un desiderio capace di suscitare interrogativi forti, di metterci in movimento e di farci resistere all’usura del tempo e alla fatica del cammino.
A differenza dei pastori, che sono rimasti a contemplare e a gioire di fronte alla salvezza che il Signore aveva loro rivelato, i Magi quando sono giunti a Betlemme, «videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2,11).
Adorare è il traguardo del loro percorso, la meta del loro cammino, come dicono esplicitamente i Magi chiedendo notizie sul luogo dove si trova il bambino: «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2).
Vivere da persone attente significa rendersi conto che qualcosa è accaduto e riconoscere che ciò che accade è un segno, porta in sé una parola, dice qualcosa, che occorre ascoltare.
Magari non si capisce tutto, anche perché spesso il segno parla con linguaggi che non sempre sono i nostri. Ma, per iniziare il cammino, basta rendersi conto che la realtà non è muta, che la realtà parla. Ed è questo il primo passo per accogliere la salvezza.
Per cambiare la nostra vita e incontrare la salvezza di Dio, non è sufficiente capire tutto, come dimostrano i sacerdoti e gli scribi del popolo ai quali Erode chiede informazioni sul misterioso annuncio dei Magi.
Questi sapienti di Israele conoscono bene le scritture e danno la risposta giusta, ma il loro sapere non li mette in moto, non suscita in loro nessun desiderio.
Gerusalemme è il luogo delle promesse, ma l’annuncio che le promesse si sono compiute viene da fuori, da persone straniere e lontane.
È drammatico, e un monito anche per noi, che proprio le persone religiose, quelle assidue al culto e che conoscono le promesse di Dio, rimangano ferme, bloccate da ciò che sanno, come se la loro conoscenza e il loro culto da soli bastassero.
Chi vive pensando di essere arrivato, diviene sordo a tutto e a tutti. Non sviluppa nessuna attenzione, non coltiva nessun desiderio.
L’attenzione chiede anche umiltà. I Magi sono sapienti e sanno che tutta la loro conoscenza da sola non basta, che c’è qualcosa oltre, che non è ancora dato loro. E vanno ad attingere ad un’altra fonte, ad un altro linguaggio che finora era loro sconosciuto, quello della Scrittura: il linguaggio della Parola, delle promesse, della rivelazione.
Anche i capi del popolo avrebbero potuto chiedere qualcosa ai Magi, mettersi in dialogo con loro, ma non lo fanno. Solo Erode chiede, ma perché teme di perdere il suo potere.
Fare attenzione, poi, significa saper lasciare qualcosa per seguire quello che attrae, come i Magi che si mettono in cammino lasciando la loro terra.
«Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12). Tornano a casa sicuramente segnati da quanto hanno vissuto, lascando a noi l’esempio del loro coraggio nel mettersi in viaggio, dietro la stella, senza una meta ben chiara, senza tutte le informazioni e le sicurezze necessarie, pur sapendo che il cielo della vita può avere momenti di buio.
La vicenda dei Magi ci lascia anche un richiamo alla vigilanza e ci insegna che si può affrontare con coraggio e speranza il cammino della vita e della fede, se abbiamo la docilità di lasciarsi guidare da una stella, dalla Parola e da un sogno.