II Domenica Tempo Ordinario Anno C: Is 62,1-5 Sal 95 1Cor 12,4-11 Gv 2,1-11
La liturgia delle domeniche del “Tempo ordinario” – il periodo non direttamente legato al mistero del Natale e a quello della Pasqua – è dedicata alla lettura quasi continua di uno stesso racconto evangelico: quest’anno si concentra sul vangelo di Luca.
In questa seconda domenica, però, ci viene proposto il brano delle nozze di Cana, riportato unicamente dall’evangelista Giovanni e presentato come il primo dei segni da lui narrati. Segni intesi come “indizi rivelatori” sull’identità di Gesù e per far nascere la domanda su chi lui sia.
La narrazione è centrata sul dialogo tra la madre e il figlio e sul segno dell’acqua trasformata in vino.
Lo sguardo della madre è quello di una donna che sa guardare la realtà, sa immergersi nella situazione, sa riconoscere quello di cui c’è bisogno.
È la storia della vita. Come un bambino impara a vivere quando incontra e si scontra con la realtà fuori da sé, per affacciarsi consapevolmente nella scena dell’esistenza e per crescere, è sempre necessario accogliere e fare i conti con la realtà.
La stessa Bibbia racconta e interroga la vita personale e comunitaria, puntando con realismo gli occhi sulla storia, sul sentire, sulla carne e il sangue delle persone che si muovono in un determinato momento storico.
Il cambiamento è parte dell’umano, ma ogni cambiamento per compiersi necessita di un certo tempo e anche di segni capaci di indicare e spingere in una determinata direzione.
L’evangelista Giovanni, presentando i segni compiuti da Gesù, ci dice che il cambiamento necessario per vivere l’incontro con lui nella concretezza della nostra storia, parte proprio dall’interrogarsi sulla sua identità, dall’ascoltare e dal fare la sua parola.
Nel Vangelo di Giovanni, Maria pronuncia solo due frasi. Una diretta al figlio: «Non hanno vino» (Gv 2,3). E l’altra diretta ai servi, intervenendo a gamba tesa e forzando in un certo senso l’autorivelazione del Figlio: «qualsiasi cosa vi dica fatela» (Gv 2,5).
Le parole di Maria rivelano quello che è davvero importante: mettere in luce una mancanza e affidarsi fiduciosi a Gesù, per colmare questa mancanza, per uscire dalla tristezza di una situazione senza vino, senza gioia.
Ascoltare Gesù è la cosa più importante, ma non è la cosa più facile, soprattutto quando ci viene chiesto di riempire d’acqua le anfore, mentre ci manca il vino.
Gesù rivela sé stesso a partire dalle concrete situazioni delle persone che incontra: situazioni di fragilità e di mancanza.
La nostra vita è sempre segnata dalla fragilità. Noi siamo fragili. La gioia è evento fragile. Le nostre relazioni e i nostri legami sono fragili, anche quelli più sentiti e voluti.
L’esistenza è pure segnata dalla mancanza. Mancanza di integrità fisica e di salute. Mancanza del senso della vita. Mancanza di desiderio profondo. Mancanza di speranza, di voglia di cercare, di mettersi in gioco. Soprattutto mancanza di amore.
Spesso anche la nostra relazione con Dio è segnata dalla mancanza. Pensiamo a quante volte celebriamo l’eucaristia (=rendimento di grazie), senza alcuna gratitudine; con molta formalità e senza capacità di gioire insieme, come una festa senza vino.
Il Signore è attento non solo alla vita delle persone, ma anche alla qualità di questa vita, compresa la qualità delle relazioni.
La Scrittura, infatti, è tutta attraversata dal linguaggio amoroso che conosce gli accenti dell’intimità e i tratti della gelosia, l’esperienza della sponsalità e l’invito all’abbandono fiducioso, come abbiamo ascoltato da Isaia nella prima lettura: «Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo» (Is 62,4).
Il segno di Cana ci richiama a guardare la realtà, a non nascondere le nostre mancanze e fragilità e a presentarle a Gesù, che nell’attenzione alla qualità delle relazioni e nella sua donazione sponsale, si rende vicino, rivela sé stesso e manifesta la sua gloria.
Le parole di Maria ci insegnano anche ad essere attenti alle mancanze di chi ci circonda e a metterci a disposizione del Figlio, che opera segni rivelativi e di salvezza nella e per la nostra vita, ma anche attraverso la nostra vita, giacché «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1 Cor 12,7).