Amore del prossimo, prossimità, condivisione. Schema incontro 15 marzo 2022

L’esperienza ecclesiale trova la propria sorgente nell’ascolto della parola di Dio, vive il suo momento culminante nell’incontro sacramentale con Cristo, domanda di concretizzarsi nella realtà quotidiana dove primeggia la carità.

Senza la fede e la speranza la carità è cieca, senza la carità la fede e la speranza rischiano di rivelarsi vuote.

Occorre anche essere consapevoli che è più facile compiere una cosa buona piuttosto che rispondere concretamente alla volontà di Dio, nel momento che la vita domanda.

«Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25,21).

Prima dello straordinario c’è l’ordinario. Il proprio essere membro di una famiglia: coniuge, genitore, figlio. Il proprio essere membro di una comunità civile e parrocchiale. Il proprio essere inserito in uno specifico ambito lavorativo, scolastico, ecc.

Per costruire la realtà storica bisogna conoscerla, amarla, servirla.  E questo impegna all’osservazione e all’analisi.

La fedeltà al quotidiano è dura, ma ci mantiene ancorati alla realtà. Mantiene ancorati alla realtà, ad esempio, agire nella quotidianità consapevoli che la giustizia va vista come prima forma della carità, come prima forma di prossimità e di condivisione

L’enciclica Fratelli tutti, con una lettura tutta particolare della parabola del buon samaritano, invita a passare dall’amore del prossimo alla prossimità.

Per vivere questo passaggio occorre riscoprire la vocazione ad essere cittadini del nostro Paese e del mondo intero. La vocazione ad avviare nuovi processi di trasformazione, ad essere costruttori di un nuovo legame sociale.

Samaritani che operano favorendo il perseguimento del bene comune e, a partire dalla finalità del bene comune, per contribuire a ricostruire continuamente l’ordine politico e sociale, il tessuto di relazioni, il progetto umano della convivenza.

Con i suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che «l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro» (Fratelli tutti,667).

La prossimità non va intesa solo come assistenza interpersonale, ma orientata al bene comune, dentro il quale c’è anche il mio bene e il bene di chi mi sta accanto.

La prossimità, quindi, va oltre il “servizio”, la “prestazione”: è camminare accanto e con gli altri, per condividere un percorso di comune promozione umana e sociale.

Senza relazione e condivisione, anche nel servizio, si marcano le differenze di status e non si entra nella visione che solo insieme si possono cambiare le cose e portare avanti percorsi di bene comune.

La prossimità è anche antidoto alla solitudine: costringe alla relazione, sconfigge l’indifferenza, apre a un modo nuovo di vedere chi si incontra per strada.

La prossimità è intimamente connessa con la progettualità sociale, che può acquisire forme diverse. Bisogna sempre domandarsi: il servizio che svolgiamo, la progettualità sociale che elaboriamo, promuovono prossimità? quale tipo di prossimità costruiscono?

La progettualità sociale non è la somma delle buone opere, di tutte le carità samaritane, che compiamo singolarmente o anche come gruppo.

Il pericolo consiste nel ridurre l’amore del prossimo a buone pratiche, religiose o sociali, incapaci di costruire la fraternità e l’amicizia sociale, ci cui parla Papa Francesco nella Fratelli tutti

La prossimità non è riducibile ad una relazione, ma rimanda a una reale condivisione nella concretezza della realtà storica in cui si è inseriti e di cui si fa parte.

È necessaria una sintesi nuova per realizzare un nuovo legame sociale.

«L’amore al prossimo è realista e non disperde niente che sia necessario per una trasformazione della storia orientata a beneficio degli ultimi. Per altro verso, a volte si hanno ideologie di sinistra o dottrine sociali unite ad abitudini individualistiche e procedimenti inefficaci che arrivano solo a pochi. Nel frattempo, la moltitudine degli abbandonati resta in balia dell’eventuale buona volontà di alcuni. Ciò dimostra che è necessario far crescere non solo una spiritualità della fraternità ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti degli abbandonati che soffrono e muoiono nei Paesi poveri. Ciò a sua volta implica che non c’è una sola via d’uscita possibile, un’unica metodologia accettabile, una ricetta economica che possa essere applicata ugualmente per tutti, e presuppone che anche la scienza più rigorosa possa proporre percorsi differenti» (Ft 165).

Il battezzato è un generato, la cui esistenza si concretizza nella realtà storica ecclesiale. Il battesimo non segna la semplice appartenenza alla Chiesa, ma inserisce in una comunità storica e dinamica e ci dà il diritto-dovere di partecipare alla sua perenne costruzione.

Il cristianesimo è Gesù Cristo, che non è un messaggio religioso o sociale, ma realtà storica che interpreta diversamente la storia. Questo ci dice che la comunità cristiana, ma anche quella umana, deve essere costruita e non soltanto animata.

La prossimità è garanzia di partecipazione e di promozione di relazioni che aiutano la persona a trascendersi senza annullarsi.

In questa logica anche i diritti individuali non vengono visti e pensati autonomi e indipendenti, ma in relazione, al servizio della costruzione della realtà sociale.

A questo proposito la Costituzione della Repubblica italiana è chiara: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (Art. 2).

«Ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità, una nuova tappa. Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite. Oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Come il viandante occasionale della nostra storia, ci vuole solo il desiderio gratuito, puro e semplice di essere popolo, di essere costanti e instancabili nell’impegno di includere, di integrare, di risollevare chi è caduto; anche se tante volte ci troviamo immersi e condannati a ripetere la logica dei violenti, di quanti nutrono ambizioni solo per sé stessi e diffondono la confusione e la menzogna. Che altri continuino a pensare alla politica o all’economia per i loro giochi di potere. Alimentiamo ciò che è buono e mettiamoci al servizio del bene» (Fratelli tutti, 77).

L’attività dell’amore politico: «C’è un cosiddetto amore “elicito”, vale a dire gli atti che procedono direttamente dalla virtù della carità, diretti a persone e a popoli. C’è poi un amore “imperato”: quegli atti della carità che spingono a creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali. Ne consegue che è «un atto di carità altrettanto indispensabile l’impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria». È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica» (Fratelli tutto, 186)

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