Omelia Badia Fiorentina 8 giugno 2022

Mercoledì decima settimana tempo ordinario 2: 1Re 18,20-39   Sal 15   Mt 5,17-19

Continuando il grande discorso della montagna, Gesù sembra correggere una convinzione che aveva cominciato a insinuarsi in alcuni dei suoi uditori: «Non crediate» (Mt 5,17).

Come dire: c’è qualcosa nei vostri pensieri e in ciò che credete che non corrisponde alla verità; vi state sbagliando se pensate che «io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17).

La rivoluzione di Gesù non consiste nella demolizione della legge, ma nel farle ritrovare il suo vero significato, nel riportarla alla sua origine, che è Dio stesso, e nel darle pieno compimento.

Anzitutto è necessaria una rivoluzione di mentalità, per smascherare chi, dietro la rigida forma della legge, nasconde la propria superficialità, il proprio egoismo e forse anche l’assenza di un vero rapporto con Dio.

Separata da Dio che ce l’ha donata per la nostra libertà e la nostra salvezza, la legge rischia di diventare un idolo, che, come tutti gli idoli, rende schiavi persone e popoli.

Senza addentrarci in approfondimenti storici e sociologici sull’idolatria, basta guardare come anche gli idoli dei nostri tempi – il successo, il denaro, la carriera, l’apparenza – esigono grandi sacrifici personali e anche familiari.

L’idolo s’insinua nella mente e nel cuore, svuota la persona illudendola e asservendola, plasma i desideri e alimenta passioni.

Il pericolo di chi assolutizza la legge è proprio quello di trasformarla in idolo, con l’illusione di poter conquistare la salvezza attraverso una formale e rigida osservanza.

A parte il fatto che la salvezza è dono da accogliere e che la priorità assoluta sta nel rapporto con Dio, questo atteggiamento snatura il senso stesso della legge. Non dimentichiamo che «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27).

Dio ha donato i comandamenti per indicarci la via della vita, per darvi la possibilità di verificare quale è l’orientamento della nostra esistenza e per camminare sulla via dell’amore. E l’amore non asserve, ma serve.

Il Regno di Dio è regno di amore. E non si entra nel regno dell’amore osservando regole, ma amando.

La verità della nostra relazione con Dio si radica, cresce e si gioca nell’oggi, nei piccoli gesti ed eventi di ogni giorno, nel tempo in cui lavoriamo, ci incontriamo con gli altri, prendiamo decisioni e anche sogniamo.

Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato nel vangelo chiariscono in modo solenne e definitivo il suo rapporto con la Legge e ci forniscono la chiave per verificare il nostro modo di porsi nei confronti di leggi, norme e precetti.

L’errore in cui molto spesso cadiamo è quello di pensare che nel fissismo legalista della tradizione ci sia la fedeltà a cui siamo chiamati. Ma c’è anche l’errore contrario da cii dobbiamo guardarci: quello di pensare che solo la novità risponde al volere di Dio, non tenendo conto o addirittura demolendo il passato.

L’insegnamento di Gesù prende le distanze sia dal rigido tradizionalismo legalista sia dal progressismo affrettato e senza radici.

Gesù compie la legge perché la libera dal rigido schematismo e la rende attenta all’oggi della vita senza contrapposizione col passato: «finché non siano passati il cielo e la terra, un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto» (Mt 5,18).

Sia il tradizionalismo rigido e senz’anima, sia il fascino per la novità, possono mascherare il tentativo di costruire una religione, una comunità, a nostra misura. Una religione, o una comunità, “fai da te”, che non ci pone mai in discussione, perché troviamo soddisfazione saltando «da una parte all’altra» (cfr 1Re 18,20), come dice Elia agli Israeliti accusandoli di non fare una vera e propria scelta.

Per vivere nella libertà e in quell’orizzonte di ferma e sicura speranza che ci conduce alla vita, non basta il riferimento a un dio generico, indefinito. Bisogna coltivare una vera e profonda relazione con «Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Ef 1,3; 1Pt 1,3).

Solo lui è speranza ricca di eternità, che ci fa vivere con coraggio, fiducia, fedeltà e creatività il nostro presente.

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