Omelia Badia Fiorentina 1 dicembre 2022

  1. Giovedì 1° dicembre 2022 – Memoria di Charles de Foucauld: Sap 11,23-12,2; Sal 39; Gv 15,9-17

Mi pare molto significativo che nella memoria di Charles de Foucauld, al quale si deve la compilazione di un prezioso dizionario francese – tuareg utile anche per l’evangelizzazione, venga proclamato un brano stupendo del libro della Sapienza: un’opera scritta in greco, ormai alle soglie dell’era cristiana, per far conoscere ai pagani le ricchezze della fede dell’antico testamento.

L’assoluta grandezza di Dio viene espressa dal libro della Sapienza con due immagini relative al mondo: è ritenuto polvere sulla bilancia, cioè senza alcun peso, e stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra, ossia senza consistenza, che evapora presto.

Di fronte a questo mondo piccolo e fragile, la grandezza di Dio si esprime nell’aver «compassione di tutti» e nel chiudere «gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento» (Sap 11,23).

I tempi di conversione, in generale, sono tortuosi e non immediati. Il Signore corregge «a poco a poco quelli che sbagliano», li ammonisce «ricordando loro in che cosa hanno peccato» (Sap 12,2) e aspetta che trovino la strada, perché è «indulgente» e «ama la vita» (Sap 11,26).

Charles de Foucauld ha davvero sperimentato la pazienza e la potenza di Dio: il suo cammino di conversione è stato tanto lungo e tortuoso quanto radicale.

Una conversione che si è posta nel solco di quella catena di amore di cui ci parla il brano del vangelo di Giovanni: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Gv 15,9).

Amare, però, significa molte cose. Come ha scritto Benedetto XVI: «Il termine amore è oggi diventato una delle parole più usate ed anche abusate, alla quale annettiamo accezioni del tutto differenti. [… Oltre all’amore tra uomo e donna, infatti] si parla di amor di patria, di amore per la professione, di amore tra amici, di amore per il lavoro, di amore tra genitori e figli, tra fratelli e familiari, dell’amore per il prossimo e dell’amore per Dio» (Deus Caritas Est, 2).

Nel brano del vangelo che abbiamo ascoltato, mi pare che l’insistenza venga posta sulla modalità dell’amore, che deve essere totale, indicato anche dall’espressione «come io vi ho amati» (15,12).

L’amore cristiano è caratterizzato proprio da questa totalità, ulteriormente spiegata da Gesù: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

Un amore che non si risparmia e che è disposto a dare tutto, anche la vita. Se non è fino in fondo, l’amore cristiano – come ogni sentimento umano – diventa pura retorica, buon proposito per le persone pie, solo teoria.

Il Padre ama il Figlio, Gesù ama i discepoli, i discepoli devono amarsi l’un l’altro e diffondere questo amore vivendo un’amicizia inclusiva.

Charles de Foucauld è stato talmente inclusivo, da autodefinirsi “fratello universale”.

L’amore è forse la migliore presentazione che Gesù ci ha fatto di Dio Padre: un amore narrato, incarnato e agito fino alla morte di Croce.

La conseguenza di questo amore è chiara: chi ama Dio non può non amare i fratelli e le sorelle. Non si tratta di dottrina o di precetti morali, ma di atteggiamenti esistenziali che sono mossi dall’amore di Cristo.

Un amore che procede direttamente dal Padre e che – grazie all’azione dello Spirito Santo – va dal Padre al Figlio, dal Figlio ai discepoli e, tramite i discepoli di tutti i tempi, si trasmette agli altri, per poi ritornare nuovamente al Padre come frutto di fede e testimonianza della persona che ama e che quotidianamente ‘incarna’ la Parola nella sua vita.

Charles de Foucauld, proclamato santo lo scorso 15 maggio, ha concluso la sua vita nel deserto, tradito da uomo che spesso aveva aiutato e accidentalmente ucciso da un giovane predone.

In quello stesso deserto, Pierre-Marie Delfieux ha pensato di dar vita a una presenza monastica nei deserti delle città, che si è concretizzata dando vita alle vostre Fraternità di Gerusalemme.

Dagli anni della Fondazione delle Fraternità maschile e femminile, 1975 e 1976, le città si sono profondamente trasformate e ancor oggi sono in costante cambiamento.

Il compito che la storia e il vangelo assegnano a ciascuno di noi, anche a voi Fraternità Monastiche di Gerusalemme, è quello di essere docili al soffio dello Spirito, per pensare e vivere espressioni di presenza sempre nuove, mantenendo ferma l’essenza cristiana dell’amore.

Come ben sappiamo, l’amore non può essere rinchiuso in schemi, tradizioni e abitudini, perché la concreta modalità dell’amore cristiano è di essere senza limiti.

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