Omelia Badia Fiorentina giovedì 22 giugno 2023

Undicesima settimana tempo ordinario- dispari: 2Cor 11,1-11   Sal 110   Mt 6,7-15

Premettendo che le sue parole sono dettate da «un po’ di follia» (2 Cor 11,1), Paolo scrive alla comunità di Corinto di provare «una specie di gelosia divina» (2Cor 11,2) e usa il simbolo e l’immagine che accompagna e guida la fede di Israele e quella della comunità cristiana: la fidanzata e la sposa da presentare al Signore.

Nell’uso di questa immagine, Paolo sembra addirittura assumere la figura di un padre: «vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta» (2 Cor 11,2), ossia integri nella fede, liberi da ogni altro legame e profanazione.

E poi, usando l’immagine biblica di Genesi 3, Paolo comunica ai Corinzi il timore che, «come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo» (2 Cor 11,3).

Come dire: la vostra fragilità vi espone all’accoglienza di «un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato … uno spirito diverso … un altro vangelo» (Cfr 2 Cor, 11,4), inquinando l’autenticità dell’annuncio ricevuto.

Le parole di Paolo, sempre attuali per ogni persona e per ogni comunità, richiamano ciascuno di noi a vegliare sulla fede professata e sulla fede vissuta, iniziando dalla visione di Dio che coltiviamo dentro di noi e che esprimiamo nella preghiera e nella visione della vita.

Gesù ci insegna che la relazione con il Dio deve essere filiale e fraterna e che la preghiera più che di parole è fatta di sguardi e di fiducia: «Pregando, non sprecate parole come i pagani» (Mt 6,7).

Non veniamo ascoltati per la nostra performance, per le nostre parole o le nostre opere, ma perché figli amati. La chiave della preghiera che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli è tutta nella prima parola: Padre.

La preghiera è dialogo, relazione, un vivere che non si ferma a quello che si dice, ma che penetra ed arriva al come e al perché lo si dice.

La preghiera non può indugiare nel dire parole con la bocca, ma deve entrare ed arrivare dritta al cuore: è luce non per sperare nel miracolo, ma per prendere coscienza del fatto che qualunque cosa si faccia c’è qualcuno che agisce con e per noi e non ci abbandona.

La prova che ci fa vedere se quello in cui crediamo e a cui ci rivolgiamo è davvero il «Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Ef 1,3), è data dalla nostra preghiera e dalla visione del mondo e della vita.

Come Gesù ci insegna, anzitutto ci si rivolge a Dio come Padre per glorificarlo, per accogliere la sua santità nella nostra vita, per chiedere che sia fatta la sua volontà.

La richiesta del pane quotidiano ci impegna a fare quel che possiamo perché il pane diventi davvero “nostro”, operando per renderlo un bene per tutti: la relazione che abbiamo con i beni della terra coinvolge tutte le altre relazioni, da quelle interpersonali a quelle sociali.

Un punto importante che rivela chi è il Dio in cui crediamo è la disponibilità al perdono. Tra le diverse richieste della preghiera che Gesù ci ha insegnato, soltanto quella relativa al perdono viene ripresa e sviluppata: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14-15).

La nostra fede nel Dio di Gesù Cristo e la nostra relazione con lui, sono saldamente intrecciate con la nostra visione del mondo e con le relazioni che abbiamo con gli altri.

Sappiamo bene che spesso sorgono tensioni, conflitti o vere e proprie rotture relazionali. Dio non condiziona il suo perdono al nostro. Gesù però ci ricorda che il perdono di Dio è sempre fecondo, cambia il cuore, lo rende nuovo e ci rende capaci di perdonare. Ma il perdono va accolto.

La preghiera insegnata da Gesù si conclude con la richiesta di non essere abbandonati nella tentazione e di venire liberati dal male: il maligno è sempre pronto a separarci dal vero Dio e il peccato è sempre accovacciato alla porta della nostra vita (Cfr Gen 4,7).

Alla luce delle parole di Paolo, possiamo dire che la prima e più insidiosa tentazione è quella della seduzione di un vangelo differente da quello di Cristo.

Se accogliamo l’idea di un dio diverso dal «Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Ef 1,3) e a lui ci riferiamo, essere buoni devoti e fare opere di bene non ci fa vivere una vita piena e non ci salva dallo smarrimento.

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