Omelia Festa di San Francesco di Assisi – 4 ottobre 2023

San Francesco di Assisi: Gal 6,14-18   Sal 15   Mt 11,25-30

Il brano della lettera ai Galati e quello del vangelo di Matteo, che la liturgia ci presenta, illuminano bene la figura di San Francesco e il suo influsso nella società e nella Chiesa.

Questi brani ci dicono dove sono le radici a cui Francesco ha attinto per dare una svolta radicale alla sua vita, per fare quello che ha fatto, a quale prezzo lo ha fatto e con quale metodo.

Per evitare riduzionismi che rischiano di svuotare la personalità di un santo che dopo otto secoli continua ancora ad affascinare dentro e fuori l’ambito della fede cristiana, è bene tener presente che è il Vangelo di Cristo ha muovere Francesco nel suo cammino di conversione e che il rapporto vitale con Cristo lo ha sostenuto e guidato in tutto.

Quella di Francesco, è l’avventura di un uomo che si è lasciato trasformare da Cristo. La stessa pace francescana è dono del Risorto, non un generico sentimento umano. E la povertà di Francesco è scelta di libertà, che porta a compimento la disponibilità verso gli altri.

II metodo di Francesco è stato quello dell’umiltà e della semplicità. La semplicità dei piccoli di cui parla il vangelo, dichiarando che ad essi sono rivelati i misteri del Regno.

II prezzo da lui pagato è quello della croce e delle stigmate, di cui ci parla la lettera ai Galati: «non ci sia per me altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo […] io porto le stigmate di Gesù nel suo corpo» (Gal 6,14.17b).

La vita di Francesco ha preso la direzione che tutti conosciamo, dopo che i suoi progetti puramente umani non lo avevano soddisfatto, come guadagnarsi riconoscimenti e lodi per il suo patriottismo, unendosi ai borghesi di Assisi contro la nobiltà perugina e, poi, seguendo i crociati diretti a liberare la Terra Santa.

Giorni fa mi è capitato tra le mani un libro del 2007, del filosofo José Antonio Merino: «Don Chisciotte e San Francesco. Due pazzi necessari».

Non ho ancora avuto modo di leggerlo, ma l’intento dichiarato dall’autore mi ha fatto pensare: donchisciottizzare la società e francescanizzare la cristianità. Il compito è arduo, ma possibile.

Don Chisciotte e Francesco non sembrano avere niente in comune. Don Chisciotte è un personaggio di fantasia: pur rappresentando una metafora di vita, vive solo nelle parole e nelle pagine di un testo scritto. San Francesco, invece, è un uomo in carne ed ossa, che ha vissuto in un determinato momento storico ed ha fatto scelte concrete sulla sua pelle.

Quello che accumuna il personaggio Don Chisciotte e la persona Francesco è la scelta radicale: un cambio di vita, una conversione a qualcosa di più alto, in cui i gesti sono parte di questo cambio e del messaggio.

Don Chisciotte cerca disperatamente la libertà e si mette in viaggio. È il simbolo dell’uomo moderno che combatte contro un mondo che non lascia spazio all’immaginazione, che annichilisce le aspirazioni proprie dell’essere umano.

Francesco, prima di essere frate Francesco, si era rivestito di una “maschera”: essere il ricco figlio del mercante Pietro di Bernardone. Ma si accorge che questo personaggio non è lui e si spoglia di tutto.

Il viaggio per e con Cristo conduce anche alla libertà interiore. Solo se siamo profondamente liberi possiamo accogliere l’unico vero bene, che Francesco trova attraverso le Beatitudini e nella condivisione, nella fraternità.

La Parola di Dio parla sempre a noi e di noi. Ci aiuta a capire i segni dei tempi e questi ci aiutano a comprendere meglio la Parola che risuona nell’oggi della vita e della storia.

San Francesco è innamorato di Gesù: ascolta e mette in pratica il vangelo e con la sua umanità ci insegna ad amarlo, a scoprirne la gioia, la fraternità che genera, il senso personale e universale, la pace e il bene che accendono di amore tutto il creato e le creature.

Ed è proprio guardando a San Francesco che domani sarà presentata la Laudate Deum, Esortazione apostolica uscita oggi, che riprenderà i temi della “Laudato si’” pubblicata nel 2015.

San Francesco, patrono d’Italia, interceda per noi, perché tenendo fisso lo sguardo su Gesù e sentendosi guardati da lui, possiamo collaborare concretamente a “riparare” non solo la Chiesa, ma questo nostro Paese e, con esso, questo nostro mondo, curando le ferite e creando le condizioni per un futuro degno e pieno di speranza.

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