Custodire il creato: Laudato si’ e Laudate Deum

Schema incontro su Custodire il creato: la Laudato si’ e la Laudate Deum – Sant’Alessandro a Giogoli 27 ottobre 2023

Per cogliere, analizzare e assimilare la ricchezza dell’enciclica Laudato si’ e dell’Esortazione apostolica Laudate Deum occorrerebbe ben più di un incontro.

La prospettiva focale su cui si regge l’enciclica Laudato si’ è quella dell’«ecologia integrale»: «che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali» (LS 137), inscindibilmente legate con la questione ambientale.

Papa Francesco assume il termine “ecologia” non nel significato generico e spesso superficiale di una qualche preoccupazione “verde”, ma in quello ben più profondo di approccio a tutti i sistemi complessi, la cui comprensione richiede di mettere in primo piano la relazione delle singole parti tra loro e con il tutto.

L’ecologia integrale è il paradigma che consente di tenere insieme fenomeni e problemi ambientali (riscaldamento globale, inquinamento, esaurimento delle risorse, deforestazione, ecc.) con questioni che normalmente non sono associate all’agenda ecologica in senso stretto, come la vivibilità e la bellezza degli spazi urbani o il sovraffollamento dei trasporti pubblici.

La visione di Papa Francesco è quella di un’ecologia «che integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda» (LS 15). Non possiamo «considerare la natura come qualcosa separato da noi o come una mera cornice della nostra vita» (LS 139).

«Qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature» (LS 67). All’essere umano, però, spetta la responsabilità di «“coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr Gen 2,15)» (LS 67), sapendo che «lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio» (LS 83).

La prospettiva integrale mette in gioco anche una ecologia delle istituzioni: «Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”» (LS 142).

In altre parole, «non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS 49). La chiave di volta dell’insegnamento di Papa Francesco sull’ecologia integrale consiste nella stretta connessione tra il problema ambientale e quello sociale.

Il testo termina con due preghiere, una offerta alla condivisione con tutti coloro che credono in «un Dio creatore onnipotente» (246), e l’altra proposta a coloro che professano la fede in Gesù Cristo, ritmata dal ritornello «Laudato si’», con cui l’Enciclica si apre e si chiude.

La Laudate Deum, invece, si focalizza sul tema specifico della crisi climatica, già affrontata nella Laudato Si’, e nasce dalla lettura della realtà e da una considerazione di papa Francesco: «con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza» (LD 2).

Per evitare di interpretare la Laudate Deum in modo parziale e riduttivo, bisogna leggerla avendo sullo sfondo le encicliche precedenti, che sono il retroterra e l’ambito concettuale e teologico.

Come sappiamo, Papa Francesco ha pubblicato tre encicliche: Lumen fidei, il 29 giugno 2013, scritta “a quattro mani”, poiché iniziata da Benedetto XVI per la conclusione dell’anno della fede, la Laudato si’, il 24 maggio 2015, sulla cura della casa comune; la Fratelli tutti, il 3 ottobre 2020, sulla fraternità e l’amicizia sociale.

La Lumen fidei, è indirizzata ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici e tratta, appunto, i temi della fede.

Con la Laudato si’, invece, Papa Francesco si rivolge ai fedeli cattolici, riprendendo le parole di san Giovanni Paolo II: «i cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede» (LS, 64), ma si propone «specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune» (LS, 3).

Pure la Fratelli tutti è rivolta oltre i confini ecclesiali. Papa Francesco dice con chiarezza di averla scritta: «a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà» (FT,6).

Come ha fatto con la Laudato si’ e la Fratelli tutti, con la Laudate Deum Papa Francesco si rivolge a tutti e a ciascuno: a «ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune» (LD 2); «voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta» (LS, 3).

Con la Laudate Deum Papa Francesco non tratta questioni di dottrina o di fede, ma lancia un appello alle coscienze, perché venga preso atto dei rischi che corre l’umanità se, in tempi brevi, non si porranno rimedi al danno crescente che stiamo facendo con l’uso smodato di combustibili fossili.

Nella Laudate Deum ritroviamo alcuni dei temi principali delle due encicliche: l’urgenza di affrontare la crisi sociale e ambientale, l’ascolto della scienza, la critica al paradigma tecnocratico, la volontà di costruire un “noi” in grado di prendersi cura della casa comune, mediante il lavoro delle istituzioni internazionali e il protagonismo della società civile.

Le premesse antropologiche della Laudate Deum rimangono quelle descritte nell’enciclica Laudato si’: l’inseparabilità della «preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (LS, 10) e «i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio» (LS 210).

Laudate Deum riprende il medesimo punto di partenza di Laudato si’: la necessità di mettersi in ascolto di un mondo la cui integrità è compromessa dai comportamenti umani irresponsabili: «il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura» (LD 2), con conseguenze che ricadono soprattutto sulle fasce più vulnerabili della popolazione mondiale.

Papa Francesco richiama la denuncia levata dal Sinodo per l’Amazzonia e l’affermazione dei vescovi africani che i cambiamenti climatici rappresentano «un esempio scioccante di peccato strutturale» (LD 3).

Il testo appare permeato dal modello dell’invettiva biblica, che in questo caso è usato per chiedere conto del negazionismo e del riduzionismo, che tuttora oscurano ogni evidenza dei limiti climatici ormai raggiunti e superati: «Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli. Per questo si richiede un coinvolgimento di tutti» (LD 58).

Attingendo direttamente a testi della comunità scientifica, Papa Francesco intende mandare un messaggio forte in vista della conferenza COP28, che si aprirà a Dubai il prossimo 30 novembre: «Se c’è un sincero interesse a far sì che la COP28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili» (LD 59).

I primi destinatari dell’esortazione sono coloro che ricoprono ruoli di potere nei processi decisionali legati al clima, ai quali Laudate Deum ripete una domanda diretta: «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?» (LD 60, con citazione di LS, 57).

Ma il discorso non riguarda solo chi detiene il potere decisionale. Le considerazioni sull’importanza e i limiti delle scelte compiute a livello individuale o familiare indicano come le molte forme di attivismo presenti nella società civile abbiano bisogno di porsi con maggiore forza l’obiettivo di incidere sul piano delle decisioni politiche: «anche se ciò non produce immediatamente un effetto molto rilevante da un punto di vista quantitativo, contribuisce a realizzare grandi processi di trasformazione che operano dal profondo della società» (LD 71).

La responsabilità per il bene comune non è monopolio dei politici, specie nei regimi democratici, in cui essi devono rendere conto ai cittadini elettori. Nessuno può chiamarsi fuori dal dovere di agire per il cambiamento.

La Laudate Deum conferma la necessità di una profonda revisione dei nostri modelli di vita, di assetto dei rapporti economici e sociali, di aspirazioni individuali, insieme ad una forte necessità di uso delle tecnologie a fini di bene comune, di ricostruzione di quella unità che lega tutto di fronte alla profonda separazione che indebolisce il nostro modello antropologico.

La Laudate Deum rileva la debolezza della politica internazionale, troppo spesso espressione di elitè di poteri svincolati da un’etica collettiva.  «Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno» (LD 34).

Per ottenere un progresso solido e duraturo, «vanno favoriti gli accordi multilaterali tra gli Stati» (LD 34 citando FT 174), ma non è sufficiente. Il Papa insiste sulla necessità di riconoscere il contributo di aggregazioni e organizzazioni della società civile in grado di «compensare le debolezze della Comunità internazionale, la sua mancanza di coordinamento in situazioni complesse, la sua carenza di attenzione rispetto a diritti umani» (LD 37). E insiste sul fatto che «non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone» (LD, 70).

Tre ultime sottolineature:

Il potere della tecnologia.Il secondo capitolo della Laudate Deum è dedicato al «crescente paradigma tecnocratico», già largamente presente in LS, evidenziando «che le capacità ampliate dalla tecnologia danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero» (LD 23). «Non ogni aumento di potere», infatti, «è un progresso per l’umanità» (LD 24). Basti pensare alle tecnologie utilizzate per lanciare bombe atomiche e annientare gruppi etnici.

L’uomo fa parte della natura. Fermo restando che l’uomo non è un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente, «dobbiamo tutti ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti» (LD 28). Ci vuole lucidità è onestà, l’amara constatazione, «per riconoscere in tempo che il nostro potere e il progresso che generiamo si stanno rivoltando contro noi stessi» (LD 28). Alla base anche la logica del massimo profitto al minimo costo e una sbagliata concezione della “meritocrazia” che è diventata «un meritato potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo» (LD 32).

Papa Francesco usa una particolare espressione «antropocentrismo situato», ossia un antropocentrismo relazionale, responsabile, dell’interconnessione. Bisogna tenere assieme il valore dell’essere umano in mezzo al meraviglioso contesto: «Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature. Infatti, «noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile» (LD 67 citando LS 89).

La conclusione esprime tutto: «”Lodate Dio” è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso» (LD 73).

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