XXX domenica Tempo ordinario – Anno A: Es 22,20-26 Sal 17 1Ts 1,5-10 Mt 22,34-40
Fare sintesi è sempre difficile. Bisogna avere ben chiara la differenza tra essenziale, necessario e superfluo. Occorre saper scegliere le parole giuste e saperle mettere nella giusta relazione, rinunciando ai particolari per far emergere con chiarezza il contenuto più importante.
Nel rileggere la nostra giornata, l’intera nostra esistenza, i criteri che hanno guidato le nostre scelte, dobbiamo tener presente ciò che veramente conta nella vita, cosa è davvero essenziale.
La domanda su cosa è realmente importante va tenuta presente anche nel valutare specifiche esperienze, come le nostre relazioni. Spesso potremmo addirittura trovarci nella difficoltà di stabilire quali aspetti siano più significativi di altri, anche per capire, ad esempio, qual è il criterio per valutare se un rapporto funziona.
La domanda che il dottore della Legge pone a Gesù, che ci riporta la pagina del vangelo di oggi, è impegnativa e fa leva proprio sulla difficoltà di fare sintesi fra i moltissimi precetti che il pio israelita è chiamato ad osservare: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?» (Mt 22,34).
Come dire: qual il grande comandamento rispetto al quale tutti gli altri possono essere considerati di secondo piano? Dalla risposta che diamo, emerge la visione che abbiamo di Dio e della vita, e anche come vediamo e viviamo i precetti religiosi.
Per Gesù, il cuore dalla Legge si trova in Dt 6,4-9, nella preghiera dello Shema (ascolta!) che ogni ebreo recita più volte al giorno. E individua una parola da cui dipende «tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,40), la chiave per comprendere e vivere tutto il resto: «Amerai» (Mt 22,37.39).
«Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente» (Mt 22,37). Possiamo pregare molto, possiamo fare tante chiacchiere, possiamo fare anche molte cose buone e raggiungere tanti obiettivi, ma se manca l’amore per Dio non arriveremo a vivere quell’equilibrio interiore e quella felicità alla quale tutti si auspica.
L’amore per Dio libera dal ripiegamento su sé stessi e consente di ritrovarci come persone: ci ricorda che non siamo noi il fondamento della nostra vita, ma che l’abbiamo ricevuta e che siamo chiamati ogni giorno a riconsegnarla.
Per Gesù, dal «grande comandamento» dell’amore per Dio ne scaturisce uno simile: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt 22,39). L’amore per il prossimo presuppone anche il sapersi amare, che il contrario dell’egoismo individualista. Amare Dio, per poter amare sé stessi e amare gli altri.
Se non mi amo, se non amo alcuni miei aspetti, se non accolgo le mie ferite e i miei lati oscuri, se non accetto la mia storia, difficilmente potrò serenamente amare un’altra persona. Se non mi amo, tutto quello che di bene e di buono posso fare, più che espressione di amore, rischia di essere espressione della ricerca di me stesso, del tentativo di riscattarmi, di riconciliarmi con me stesso.
Le parole di Gesù sono inequivocabilmente un appello alla totalità: non esiste l’amore a metà, l’amore parziale, l’amore a momenti alterni. Amare coinvolge tutto il mio essere.
Solo se amo Dio con tutto me stesso e so amare me stesso come Dio mi ama, potrò davvero amare l’altro così com’è, con i suoi difetti, le sue fragilità, le sue ombre.
«Amerai». È un verbo al futuro che indica una strada sempre percorribile e che non può mai dirsi esaurita, a nessuna età e in nessuna circostanza. L’amore non è mai delegabile. Solo io posso mettere l’amore nelle scelte e nelle relazioni che vivo.
Da questa pagina evangelica emerge con chiarezza come la fede in Dio sia ben di più e oltre la religione con tutte le sue norme: la vita di fede non è quello che facciamo per Dio, ma quello che Dio fa per noi, il suo sguardo d’amore incondizionato su di noi, e che noi accogliamo.
La bella notizia di questa domenica è liberante: le regole, pur importanti nella vita come nella vita di fede, non sono il centro. Al centro c’è Dio e la fede in lui. E al centro della fede c’è l’amore, declinato nella concretezza della nostra vita quotidiana.