Omelia 1° novembre 2023

Solennità di Tutti i Santi: Ap 7,2-4.9-14   Sal 23   1Gv 3,1-3   Mt 5,1-12

La liturgia di questa solennità ci presenta due grandi assemblee. Quella costituita dalle folle radunate intorno a Gesù per ascoltare l’annuncio della salvezza, di cui parla il vangelo (Mt 5, 3-10). E quella presentata dalla prima lettura (Ap 7,2-4.9-14): una folla immensa radunata davanti al trono di Dio, per celebrare la sua lode e la lode dell’Agnello per il dono della salvezza compiuta.

La seconda lettura (1Gv 3,1-3), invece, ci presenta il cuore della nostra identità: l’accoglienza vitale di Gesù Cristo e della sua parola rende partecipi della sua condizione di Figlio.

La liturgia di oggi, nella sostanza, ci dice che la santità è possibile perché siamo membri del corpo di Cristo e che non possiamo guardare ai singoli santi isolandoli dal loro essere inseriti in Cristo e nel contesto ecclesiale.

La festa di tutti i Santi non è festa di tanti individui di cui esaltiamo i meriti, ma è la festa di tutta la Chiesa, come comunione di persone. Si è santi perché si risponde a una chiamata, ci si nutre dell’amore di Dio e della sua parola, si vive la comunione ecclesiale e si mette quello che siamo a servizio della Chiesa e del mondo.

La festa dei Santi ci ricorda che siamo persone amate, unite in una relazionalità profonda, costituite in un popolo che cammina verso l’incontro finale con Cristo.

Partecipare alla santità di Dio significa vivere nella luce della comunione trinitaria, ascoltando e seguendo il Signore Gesù, camminando dietro a lui e con lui in ogni circostanza.

Quella dei Santi è una festa che ci spinge ad essere contemplatori attivi, capaci di guardare in profondità e in avanti e di metterci in gioco per la costruzione di un mondo più umano.

Per partecipare alla santità di Dio tutte le beatitudini sono attuali e necessarie e descrivono il cammino di Cristo e di coloro che vogliono seguirlo. Ma, oggi, non possiamo non ascoltare in tutta la sua bruciante attualità la chiamata ad essere operatori di pace.

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Se leggiamo questa beatitudine alla luce della seconda lettura, emerge con chiarezza che essere operatori di pace equivale ad essere figli amati di Dio: «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1 Gv 3,1).

Essere e sentirsi figli di Dio ci impegna a vivere una più profonda relazionalità e una fratellanza nuova; vivere quell’amicizia sociale, di cui parla Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, che rende «possibile accettare la sfida di sognare e pensare ad un’altra umanità» (FT, 127).

Tutti desideriamo la pace. In realtà, più che la pace, spesso vogliamo stare in pace, essere lasciati in pace. Gesù, però, chiama beati non i tranquilli, bensì quelli che lottano per la pace, gli operatori di pace che, come ogni costruzione, richiede impegno, collaborazione, pazienza.

La pace non si raggiunge conquistando o sconfiggendo qualcuno. Per questo, per essere operatori di pace, prima di tutto bisogna disarmare il cuore, dismettendo i pensieri aggressivi, le parole taglienti, i fili spinati delle lamentele e i muri di cemento dell’indifferenza.

La celebrazione dei santi è fonte di gioia: ci ricorda che siamo parte del popolo di Dio e chiamati alla santità. Questa gioia sarà ancora più grande ogni volta che vivremo come credenti attivi e responsabili, fermento nelle dinamiche del nostro territorio, persone mature nella fede che incidono nei rapporti interpersonali, nelle famiglie, nella società e nelle istituzioni.

L’impronta che ha lasciato la testimonianza dei santi nel tessuto vivo della Chiesa e della società, ci spinge ad affrontare le questioni di ogni giorno con coraggio e speranza, assumendo la logica delle beatitudini che è ben diversa da quella che guida le relazioni e le prospettive del mondo.

Tanto più guardiamo il segno che hanno lasciato le sante e i santi che ci hanno preceduto nel cammino terreno, tanto più dovrebbero inquietarci parole come quelle dette da Gesù sul sale senza sapore: «a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5,13).

La vita di tante nostre sorelle e di tanti nostri fratelli ci dice che per ciascuno di noi è possibile partecipare alla santità di Dio, vivendo sentendosi parte del contesto ecclesiale e contribuendo a cambiare e trasfigurare la vita sociale.

All’intercessione di tutti i Santi, che lodano Dio «in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello» (Ap 7,9), affidiamo noi stessi e la nostra comunità.

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