Intervento al XVII Congresso Provinciale MCL Firenze – 25 novembre 2023

Il tema del vostro Congresso richiama alcuni elementi nodali che il nostro Paese è chiamato ad affrontare con urgenza e determinazione, come la questione di un lavoro dignitoso e la necessità di ricucire le forti divisioni presenti, come il perdurare delle disparità fra regioni e il costante aumento delle disuguaglianze economiche sociali. Divisioni date anche da un bipolarismo politico, ideologico e culturale, sempre più autoreferenziale e inospitale per chi non si accontenta della sterile sovrapposizione di monologhi, ma ricerca un vero dialogo per meglio comprendere persone e situazioni.

Il tema del vostro Congresso, però, non si limita a indicare alcuni nodi, ma individua anche tre modalità per affrontarli: responsabilità, passione, una semina nuova.

Serve davvero responsabilità, passione e una semina nuova per formare persone e comunità pensanti, e non solo reagenti, per aumentare la qualità della partecipazione e della cittadinanza e per coinvolgere e scommettere attivamente sui giovani.

Non possiamo illuderci di governare il cambiamento, di cambiare l’economia, di ridare un nuovo slancio al Paese con gli schemi di sempre, limitandosi a ribadire i propri principi, con delle iniziative ben fatte o con il moltiplicarsi di interventi sui social.

Non possiamo pensare che un Paese fortemente trasformato possa essere gestito con le idee passate e tanto meno senza una visione culturale ed etica solida. Servono valori, confronto, competenza, consapevolezza della complessità dei problemi e servono visioni di lungo respiro.

La poca creatività e il rimanere ancorati a posizioni preconcette sono il segno che permane una certa autoreferenzialità della riflessione, tanto in ambito “conservatore” che in ambito “progressista”, e che è davvero necessaria una “nuova semina”.

Una semina che deve iniziare facendo crescere il senso di responsabilità nell’uso del linguaggio, non solo nell’arena politica e in quella della comunicazione pubblica, ma anche nelle relazioni e nei nostri colloqui interpersonali.

Quando una persona è ancorata a solidi valori, generalmente si sente più responsabile delle proprie idee e delle proprie azioni, sa di non bastare a sé stessa, si apre più facilmente alla dimensione comunitaria e non teme il confronto con le differenze e nemmeno una revisione delle proprie valutazioni nel merito delle cose.

Come scriveva il teologo Joseph Ratzinger già nel 1967: “esser cristiani… non è un carisma individuale, bensì sociale. Non si è cristiani perché soltanto i cristiani giungono a salvarsi, ma si è cristiani perché la diakonia cristiana è significativa e necessaria nei confronti della storia” (Introduzione al cristianesimo, Brescia 1969, p. 200).

È questa diaconia che anche il vostro movimento deve ricercare e vivere nel contesto storico in cui ci troviamo, profondamente diverso da quello in cui il Movimento Cristiano Lavoratori è nato poco più di cinquanta anni fa.

Quello che serve al Paese non è una diaconia mossa dall’emotività, ma una diaconia sapiente. Una diaconia illuminata e guidata della ragione, ma anche da quel sapere che deriva dall’intuizione, dal “fiuto”, e dall’esperienza.

La diaconia cristiana, però, non può fermarsi a questo pur importante sapere umano: deve saper attingere anche al sapere della fede. Il sapere che deriva dal nutrirsi della parola di Dio e dall’azione dello Spirito Santo, che guida «a tutta la verità» (Gv 16,13).

Consapevoli che siamo in itinere, che pur essendo nella verità, la verità intera non è raggiunta, per pensare responsabilmente e alimentare la passione, è necessario un vero e proprio dialogo interiore, quello che ci pone in tensione con noi stessi e che consiste nell’immergerci nella realtà e nel chiedersi come stanno davvero le cose, confrontando senza pregiudizi le varie interpretazioni e domandandosi che cosa dice il Signore Gesù alla nostra coscienza.

Svolgere bene il proprio lavoro, ad esempio, non può essere dettato solo dai traguardi individuali che si vuole raggiungere. Un lavoro ben fatto è espressione della propria dignità e dà dignità. Il nostro lavoro è sempre per qualcosa e per qualcuno e questo fonda l’etica professionale e il fine sociale del proprio lavoro.

La stessa creatività che l’innovazione e i processi economici richiedono, ma anche la crescita della persona nella sua integralità, a partire dai suoi affetti, non deriva solo dalle informazioni, dalle competenze tecniche o scientifiche, ma dall’educazione, dalla dimensione umanistica e artistica della persona e anche dalla dimensione della fede.

È proprio la dimensione umanistica che aiuta la persona a riflettere su sé stessa, a leggere la realtà presente nella sua complessità e con la necessaria visione storica, a vivere con maturità le proprie relazioni, a governare non tanto e solo le macchine del futuro, quanto a progettarle in modo che sia sempre la persona umana l’artefice del suo destino.

L’urgenza di una riflessione seria sul ruolo delle tecnologie della conoscenza in un mondo travagliato da conflitti aperti o latenti, è messa in evidenza da Papa Francesco che, per la Giornata per la Pace 2024, ha significativamente scelto un tema inaspettato: «Intelligenze artificiali e Pace».

L’avvio di una nuova semina nasce anche dal saper discernere e scegliere. Per questo, nell’augurarvi un buon lavoro congressuale, vorrei concludere aggiungendo la parola discernimento a quelle presenti nel tema del vostro Congresso.

Perché la semina sia nuova si deve essere aperti ad accogliere tutti, ma non si può accogliere tutto.

Il discernimento primo è la distinzione tra le persone e le idee che le persone sostengono. E poi, come associazione, vi invito a un serio discernimento sulle priorità delle scelte e delle iniziative, per favorire la ricostruzione del tessuto relazionale delle nostre comunità, consapevoli che ogni agire è sempre agire politico, perché ha sempre ripercussioni sulla comunità, sul contesto sociale.

L’agire politico, infatti, non è solo candidarsi alle prossime elezioni e non può essere ridotto al solo agire partitico: è uno stile di stare al mondo e di vivere la propria cittadinanza. E anche la propria dimensione associativa.

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