Quarta domenica di Avvento – anno B: 2Sam 7,1-5.8-12.14.16 Sal 88 Rm 16,25-27 Lc 1,26-38
In questa quarta domenica di avvento la liturgia ci fa riascoltare il brano del vangelo già proposto nella festa dell’Immacolata concezione di Maria, invitandoci a leggerlo alla luce dell’imminente solennità del Natale.
Con questo brano dell’evangelista Luca, e con l’annuncio del concepimento verginale di Maria in sogno a Giuseppe narrato da Matteo, la Chiesa delle origini conferma la propria fede nell’identità divina e umana di Gesù, proclamata dopo la risurrezione.
Gesù di Nazaret, proclamato Messia nel corso della sua predicazione, viene riconosciuto vero Figlio di Dio in seguito all’esperienza della passione, morte e risurrezione.
La narrazione degli avvenimenti legati alla nascita, sicuramente raccontati da Maria agli altri apostoli, è servita alla Chiesa nascente per meglio comprendere e per ribadire che Gesù è veramente e contemporaneamente uomo e Dio: uomo, perché nato da donna, e Dio, perché nato da una vergine, senza che il concepimento sia avvenuto per opera di un uomo.
A Maria è stato espressamente chiesto di generare il Cristo in modo straordinario, soprannaturale, e lei ha risposto sì, mettendo tutta sé stessa e la propria vita a servizio della volontà salvifica di Dio.
«Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù…. Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,31.35). Queste parole del vangelo di Luca esaltano certamente la disponibilità di Maria, ma principalmente rivelano l’identità del Figlio che da lei nascerà.
Le letture proclamate in questa domenica, inoltre, uniscono saldamente il mistero della nascita di Gesù alla storia di salvezza testimoniata nell’Antico Testamento.
La profezia di Natan al re Davide, di cui parla la prima lettura, riconduce alle origini dell’attesa messianica, dando alla celebrazione del Natale di Gesù il senso del compimento di una speranza che attraversa i secoli.
E Paolo, con le parole finali della lettera ai Romani proposte dalla seconda lettura, celebra la gloria di Dio come punto di arrivo di un lungo mistero di rivelazione nascosto nei secoli e progressivamente manifestato.
Il cristiano, quindi, rende gloria a Dio se sa leggere la storia con fede, riconoscendo il compimento in Gesù Cristo: il Salvatore atteso, il Figlio di Dio che manifesta la potenza salvifica del Padre, che nasce dalla vergine Maria.
Generalmente, al misterioso progetto di Dio, come fa anche il re Davide con l’iniziale assenso del profeta Natan, ognuno ha sempre contrapposto i propri sogni, aspettando da lui l’aiuto per realizzarli. Un po’ come avviene a noi che ci rivolgiamo a Dio per chiedere sostegno ai nostri progetti.
Maria si comporta in modo diverso. Non contrappone a Dio alcun suo progetto, che pure aveva essendo promessa sposa di Giuseppe, ma gli chiede soltanto qual è il ruolo che Dio intende affidarle e, compreso, accoglie la sua iniziativa.
In questi diversi atteggiamenti emerge con sufficiente chiarezza come la sola dimensione religiosa si limita alla ricerca di un dio e si focalizza nella richiesta del suo sostegno al proprio cammino, mentre la fede consiste nell’aprirsi al mistero in cui siamo già immersi, per accogliere Dio che cerca noi e rispondere alla sua chiamata.
Potremmo dire che la celebrazione del Natale è l’incontro di due Si, di due eccomi. Il Sì e l’eccomi di Dio all’umanità e il Si e l’eccomi di Maria alla richiesta di Dio giunta a lei tramite l’angelo.
Il Si di Dio alle sue creature è anche una richiesta rivolta a ciascuno di noi, così come ha fatto con Maria.
La vita è attesa, promessa, responsabilità, fiducia. La vita è dono di Dio, è una sua domanda che attende di essere ascoltata, accolta, fatta propria.
Natale è la festa del Sì incondizionato di Dio. Ed è un invito a rispondere eccomi a quanto il Signore ci domanda, per ridonare vita e speranza alle persone che incontriamo sul nostro cammino.