Schema di intervento
La città non è riducibile alla somma di finalità private, a puro aggregato di interessi individuali, allo stare individualisticamente insieme solo per scopi funzionali. E neppure alla funzionalità dei servizi, pur necessari, né alla somma di una molteplicità di presenze che sullo stesso territorio hanno trovato un loro spazio, ma che di fatto vivono parallele prevalentemente ignorandosi, anche se a volte si incontrano e altre si scontrano.
La città è realtà umana, costituita dalla costante interazione fra tutte le componenti che la abitano e le danno vita e volto: vive di relazioni ed è il risultato di un insieme articolato, dinamico e creativo di “compiti svolti insieme” per una finalità condivisa che fa crescere il senso di appartenenza.
La città è frutto di complessi processi d’interazione e scambio tra funzioni, esperienze e componenti culturali diverse; dove la pluralità si esprime ed esige attenzione e dialogo: dove si costruiscono processi di interazione e di intercultura.
La città è un luogo di tensioni e contrapposizioni; un crocevia dei costanti cambiamenti, che in questa nostra fase storica si sono fatti veloci e profondi, ponendo nuove sfide, che si aggiungono ai molti nodi problematici rimasti irrisolti; un laboratorio dove si sperimentano forme di convivenza sempre nuove.
È, quindi, nella e mediante la città che si possono affrontare le questioni nodali del nostro tempo, da quella antropologica a quella di una crescita economica più inclusiva e del superamento delle disuguaglianze.
Penso che la città, oggi, possa svolgere un ruolo centrale nell’affrontare anche le sfide di grande portata, dalle problematiche ambientali a quelle culturali, dal ruolo della politica alla sperimentazione di governance più aderenti alle dinamiche attuali.
La città è frutto di relazioni, diacroniche e sincroniche, che oggi appaiono sempre più rarefatte.
Questa rarefazione, impone un ripensamento delle condizioni del vivere insieme.
Va ritrovato un punto comune, un cemento comunitario. Più che sui presupposti, che sono differenziati data la pluralità delle nostre città, occorre puntare sullo scopo che motiva lo stare e il collaborare insieme.
Questo presuppone la ricostruzione del tessuto relazionale mediante il dialogo fra le diversità, anche culturali e religiose, che abitano la città. In questo in ogni città dovrà trovare una sua specifica peculiarità
Penso che una delle sfide fondamentali che la città si trova a dover affrontare all’inizio di questo terzo millennio, sia proprio quella di ritrovare i fili per ricostruire un tessuto relazionale e sociale capace di recuperare il valore civico e uno scopo condiviso, coinvolgendo i cittadini nella loro pluralità in un percorso che abbia un certo fondamento, senza indossare la mascherina dell’illusione come abbiamo fatto nel primo lokdown.
Abbiamo pensato di poter riprendere la normalità di sempre, ripartendo dal punto in cui il virus ci aveva fermati, come se non fossero cambiate le condizioni e le opportunità. La delusione, lo smarrimento, la sfiducia e la rabbia, diffuse nella fase successiva della pandemia, stanno mettendo tutti contro tutti, rendendo più complessa la ricerca di un orientamento comune e la possibilità di un’effettiva rinascita e dimostrando che nei mesi scorsi abbiamo pronunciato parole di alto spessore, ma che non ci appartenevano e che non hanno trovato terreno fertile dentro di noi.
Abbiamo bisogno di riferimenti chiari, di un rinnovato senso comunitario e di una spiritualità forte, per cambiare passo e percorso; per sostenere una visione alta della vita e della storia; per dare una svolta profonda al sentire, al pensare e all’operare personale e collettivo; per vivere la nostra libertà nella necessaria dimensione relazionale; per costruire una normalità nuova, dove il centro della convivenza e la misura di ogni scelta siano la persona e il bene comune.
Per farlo, ritengo vada recuperato il valore del sogno e riscoprire il valore del volto.
Quando parlo di sogno non intendo una fuga nell’immaginario, nell’astrazione, ma un’idea di futuro ben radicata nella realtà. Un pensiero alto capace di generare prospettive nuove, di aprire nuovi orizzonti, di intuire nuovi percorsi, di vedere concrete possibilità.
Intendo una visione che sa elevarsi dalle dinamiche del presente, una progettualità proiettata nel tempo, su cui investire e rischiare per costruire il futuro custodendo la memoria, facendo interagire fra loro differenti generazioni.
Prestare attenzione al volto, significa cambiare paradigma per comprendere le continue trasformazioni della città e il dinamismo che la caratterizza.
Le questioni nodali, quelle effettivamente gravi, nascono quando si perde la dimensione del volto, la relazione tra i volti; quando tutto diventa numero.
Nel volto si trova racchiuso il segreto supremo della vita. Anche il segreto supremo della città. Il volto si presenta come alterità, opportunità, sfida
Ogni volto interpella la città. La città con la molteplicità dei suoi volti interpella e viene interpellata.
Sognare guardando i volti, vivendo l’interazione come modalità e l’unità civica come scopo.
Interazione tra persone. Interazione all’interno della città, fra coloro che la abitano, fra i vari quartieri e le varie formazioni sociali.
Sono le differenze a fare la differenza, a rendere la città un mosaico ricco e fecondo. Come per ogni mosaico, i vari pezzi non possono essere messi a caso
Una città che teme la diversità, che si chiude in una difesa a oltranza di identità mummificate, inibisce le proprie capacità di futuro. E questo non solo riguardo alle persone, riguardo alle loro provenienze e alle loro storie, ma anche riguardo alle diverse caratteristiche del territorio
La via dell’incontro fra diversità, è qualcosa di profondamente altro del semplice aggregare le differenze, perché consente di avanzare lentamente nella scoperta di un comune sentire, superando gradualmente gli assoluti di ciascuno.
Ritengo l’Unità civica, scopo e mezzo, per far crescere il senso di appartenenza a una comunità.
Non ritengo siano impedimenti la policentricità, la molteplice origine dei legami o la pluralità dei percorsi. E neppure le diversità di carattere etico, culturale o religioso, pur non avendo tutte la stessa valenza.
La questione sta nella mancata assunzione di responsabilità collettiva. Nel vivere in modo chiuso e indipendente, senza vere e proprie relazioni sociali di scambio, quotidiane e vitali, quasi fossero su un territorio altro. Nel sentirsi cittadini solo quando c’è da rivendicare un diritto
L’unità civica è data dal confluire dello specifico contributo di tutti e di ciascuno, dal convergere di azioni individuali e comunitarie, in quello che potremmo chiamare «un fondo comune di saggezza e di esperienza»[i], che vede nella persona, colta nella sua integralità e inalienabilità, il punto focale di unità, da ricercarsi attraverso la forma democratica, che non è semplice forma astratta, ma ha un contenuto: il valore della persona.
Il bene comune della città, va sempre costruito, curato e governato insieme, contestualizzando e mettendo in sinergia ogni nostra lettura e ogni nostra azione.
La pandemia, ad esempio, ha esaltato problematiche già presenti, anche relative alle città, che nell’emergenza coronavirus hanno mostrato tutta la loro fragilità.
Gli interventi di sostegno e rilancio dell’economia vanno orientati a una ripresa che promuova obiettivi di sviluppo sostenibile, a partire proprio dalla città
Insieme al rilancio della dimensione relazionale e sociale, l’abitare, il trasporto, i servizi, i giardini, i terrazzi, le piazze, rappresentano una nuova frontiera.
Il bene comune della città, va sempre costruito, curato e governato insieme.
La pandemia ha esaltato problematiche già presenti, anche per il ripensamento delle città, che nell’emergenza coronavirus hanno mostrato tutta la loro fragilità.
Gli interventi di sostegno e rilancio dell’economia vanno orientati a una ripresa che promuova obiettivi di sviluppo sostenibile
L’abitare, il trasporto, l’welfare, giardini, terrazzi, piazze sono la nuova frontiera, insieme al rilancio relazionale e sociale.