Schema Catechesi Quaresimale Santa Maria a Scandicci 16 marzo 2021

L’8 dicembre, in occasione della pubblicazione della “Patris corde – Con cuore di Padre”, la lettera apostolica per il 150.mo anniversario della dichiarazione di San Giuseppe Patrono della Chiesa universale, papa Francesco ha indetto un anno a lui dedicato, ricordando alcuni nomi con i quali possiamo invocare questo grande santo patrono: Padre amato, Padre nella tenerezza, Padre nell’obbedienza, Padre nell’accoglienza, Padre dal coraggio creativo, Padre lavoratore, Padre nell’ombra

San Giuseppe è l’uomo che accetta il disegno di Dio su di lui, è l’uomo che accoglie Maria, che disubbidisce alle leggi degli uomini non ripudiandola, è il padre di Gesù silenzioso, ma presente, è l’uomo che lavora. È un uomo che in modo discreto e nascosto partecipa della storia della salvezza.

Giuseppe non è senza dubbi. Il Vangelo di Matteo ce lo presenta come un uomo con molti dubbi su come comportarsi con Maria, dal momento che scopre che è incinta. E questo che lo fa grande. Grande perché fa e non parla. 

Giuseppe è capace di rischiare di perdere la faccia, è capace di mettere l’amore per Maria al di sopra del proprio orgoglio ferito. Quando Giuseppe prende questa decisione non sa ancora che Maria non lo ha tradito.

Ponendo l’attenzione su San Giuseppe, il papa vuole sottolineare l’importanza delle persone comuni, soprattutto in questo tempo di pandemia.

Papa Francesco evidenzia che la pandemia da covid-19 ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che non fanno notizia, che realizzano la loro vocazione in silenzio e con costanza, che ogni giorno esercitano pazienza e corresponsabilità ed infondono speranza.

San Giuseppe è uno di questi, è «l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza. A tutti loro va una parola di riconoscimento e di gratitudine».

San Giuseppe ha vissuto profondamente e concretamente la sua paternità facendo della sua vita un dono «nell’amore posto a servizio del Messia». Per questo suo ruolo egli «è sempre stato molto amato dal popolo cristiano».

In Giuseppe, «Gesù ha visto la tenerezza di Dio», quella che «ci fa accogliere la nostra debolezza», perché «è attraverso e nonostante la nostra debolezza» che Dio realizza la sua volontà e il suo progetto.

«Solo la tenerezza ci salverà dall’opera dell’Accusatore (cfr Ap 12,10). Per questo è importante incontrare la Misericordia di Dio, specie nel Sacramento della Riconciliazione, facendo un’esperienza di verità e tenerezza. Paradossalmente anche il Maligno può dirci la verità, ma, se lo fa, è per condannarci. Noi sappiamo però che la Verità che viene da Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene, ci perdona»

Questo ci insegna che fermarsi alla verità, senza misericordia, senza tenerezza, ci può portare alla rovina, anche nelle nostre relazioni interpersonali e comunitarie

Giuseppe è anche padre nell’obbedienza a Dio: con la sua risposta immediata e generosa all’annuncio dell’angelo supera il suo dramma e salva Maria.

Con la sua obbedienza senza esitazioni, Giuseppe insegna a Gesù a «fare la volontà del Padre». Egli ha ricevuto da Dio la chiamata a servire la persona e la missione di Gesù, cooperando al grande mistero della Redenzione.

Con la sua lettera apostolica, il papa evidenzia la capacità di Giuseppe di accogliere con coraggio e protagonismo la vita così com’è, facendo spazio anche a quella parte contraddittoria, inaspettata, deludente.

Il giusto Giuseppe depone la rabbia e la delusione e con fortezza abbraccia ciò che non ha scelto, ma che nella realtà esiste.

La fede ci fa credere che «tutto concorre al bene per quelli che amano Dio» (Rm 8,28), per questo San Giuseppe «affronta ad occhi aperti quello che gli sta capitando, assumendosene in prima persona la responsabilità».

Dall’accoglienza di Giuseppe impariamo a non imporre noi stessi e, ad accogliere i fratelli e le sorelle, senza esclusione, così come le persone sono, riservando attenzione ai più deboli.

Nonostante la prepotenza e la violenza dei dominatori di questo mondo, Dio trova sempre il modo di realizzare il suo progetto di salvezza, fidandosi del coraggio creativo di Giuseppe e di quelli che, come lui, si fidano di Dio e dei suoi disegni, anche se non sempre comprensibili.

Giuseppe sa «trasformare un problema in un’opportunità», avendo sempre fiducia nell’aiuto della divina Provvidenza: ha sempre protetto con tutte le sue forze Maria e Gesù, prendendosene cura e custodendoli come il tesoro più prezioso che aveva ricevuto.

Anche oggi, proteggendo la Chiesa, Giuseppe continua a proteggere il Bambino e sua madre. «Da Giuseppe dobbiamo imparare la medesima cura e responsabilità: amare il Bambino e sua madre».

Amando la Chiesa, i Sacramenti, la carità, i poveri anche noi continuiamo ad amare il Bambino e sua madre.

Avere cura significa vedere i problemi e affrontarli per amore e con amore, non lasciando che le cose vadano per la loro strada.

Da Giuseppe, lavoratore, «Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro».

Il lavoro è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio alla fine della creazione dell’universo: è partecipazione all’opera della creazione e della salvezza, sviluppo delle proprie potenzialità e qualità per metterle al servizio della società e della comunione, occasione per realizzare sé stessi e per assicurare il giusto sostentamento alla propria famiglia.

La dignità umana viene affermata quando ci si impegna affinché tutti e ciascuno abbiano la possibilità di un degno sostentamento: «La crisi del nostro tempo, che è crisi economica, sociale, culturale e spirituale, può rappresentare per tutti un appello a riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro per dare origine a una nuova “normalità”, in cui nessuno sia escluso».

Papa Francesco, concludendo la sua Lettera apostolica, afferma, che «Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione».

«Ogni vera vocazione alla paternità nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità».

«La paternità che rinuncia alla tentazione di vivere la vita dei figli spalanca sempre spazi all’inedito. Ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito che può essere rivelato solo con l’aiuto di un padre che rispetta la sua libertà. Un padre consapevole di completare la propria azione educativa e di vivere pienamente la paternità solo quando si è reso inutile, quando vede che il figlio diventa autonomo e cammina da solo sui sentieri della vita».

Il popolo di Dio ha visto in Giuseppe il Custode del Redentore, il protettore della Chiesa, il sostegno delle famiglie, il padre dei poveri, il conforto dei sofferenti, il patrono dei moribondi, il terrore dei demoni.

Anche la nostra parrocchia, chiamata con tutta la Chiesa a ripensarsi e a vivere una nuova modalità di essere e di sentirsi comunità a servizio dell’uomo e del mondo, si mette sotto la premurosa custodia e protezione di San Giuseppe.

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La figura di San Giuseppe non compare nelle raffigurazioni dei primi tre secoli, forse per evitare una se velata allusione di paternità.

Dopo il Concilio di Efeso (431), che proclamava il dogma della Divina Maternità di Maria, non essendovi più possibilità di dubbie interpretazioni, la figura di San Giuseppe compare nelle scene relative alla sua vita e al ciclo dell’infanzia di Gesù.

Nell’iconografia classica, orientale, non si trovano immagini in cui compare solo San Giuseppe e nemmeno Giuseppe con Gesù da solo: lo troviamo raffigurato sempre, insieme a Gesù e a Maria, nelle rappresentazioni dei brani evangelici in cui è citato, quindi nelle icone della Natività, della Fuga in Egitto, della Presentazione al Tempio, e sempre in una posizione non centrale.

La tradizione ortodossa “minimizza” la figura di San Giuseppe, senza peraltro dimenticarne l’importanza, quasi a sottolineare la sua l’umile accettazione e la sottomissione alla volontà divina;

I Padri Occidentali al contrario, hanno evidenziato la sua figura, proprio per esaltarne le virtù, affinché la sua esistenza, silenziosa ma decisiva, fosse un esempio per tutti noi. E l’arte si è espressa in modo diverso.

Una riflessione sullo sguardo dell’arte sul cuore di padre di San Giuseppe, tenuta da monsignor Timoty Verdon, sarà trasmessa in diretta venerdì 19 marzo sul sito della diocesi e sul canale You Tube di Toscana Oggi

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Seguendo il volere del santo padre, la Penitenziaria ha deciso di concedere una speciale indulgenza plenaria fino all’8 dicembre 2021.

Legata alla figura di San Giuseppe come capo della Famiglia di Nazareth, le condizioni per ottenerla sono le solite: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Papa, con animo distaccato da qualsiasi peccato.

  • a quanti mediteranno per almeno 30 minuti la preghiera del Padre Nostro, oppure prenderanno parte a un ritiro spirituale di almeno una giornata che preveda una meditazione su San Giuseppe;
  • a coloro i quali, sull’esempio di San Giuseppe, compiranno un’opera di misericordia corporale o spirituale;
  • a quanti reciteranno il Rosario, nelle famiglie e tra fidanzati;
  • a “chiunque affiderà quotidianamente la propria attività alla protezione di San Giuseppe e ogni fedele che invocherà con preghiere l’intercessione dell’Artigiano di Nazareth, affinché chi è in cerca di lavoro possa trovare un’occupazione e il lavoro di tutti sia più dignitoso”;
  • ai fedeli che reciteranno le Litanie a San Giuseppe (per la tradizione latina), oppure l’Akathistos a San Giuseppe, per intero o almeno qualche sua parte (per la tradizione bizantina), oppure qualche altra preghiera a San Giuseppe, propria alle altre tradizioni liturgiche, “a favore della Chiesa perseguitata ad intra e ad extra e per il sollievo di tutti i cristiani che patiscono ogni forma di persecuzione”.

Date le attuali sofferenze del mondo, l’indulgenza plenaria è offerta anche ai malati e agli anziani e a tutti coloro che non possono muoversi di casa, se si reciterà “un atto di pietà in onore di San Giuseppe offrendo con fiducia a Dio i dolori e i disagi della propria vita”.

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