Sesta Domenica di Pasqua Anno B: At 10,25-27.34-35.44-48 Sal 97 1Gv 4,7-10 Gv 15,9-17
Gesù parla spesso della gioia e anche prega perché i suoi discepoli: «abbiano in sé stessi la pienezza della» sua gioia (cfr Gv 17, 13).
La gioia di cui parla Gesù non dipende dalle circostanze della vita, ma scaturisce dal dono dell’amore, dal sentirsi amati, ed è frutto di una profonda esperienza dello Spirito: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).
La vita non è sempre non è facile. Tuttavia, anche nella tristezza di tanti nostri giorni, nascosto in qualche angolo dentro di noi, c’è un tesoro prezioso: l’Amore del Padre e di Gesù.
Lasciarsi amare Dio dona gioia ed è il primo passo nel cammino della vita: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12).
Fin da bambini ci è stato insegnato che dobbiamo fare qualcosa per piacere a Gesù e guadagnarsi la sua benevolenza. È la tentazione perenne di noi cristiani: cercare ciò che dobbiamo fare per essere veramente in Cristo, per essere di Cristo, ma Cristo è venuto a liberarci anche da questa logica.
Gesù ci fa passare dalla morte alla vita. Ci ha dato la sua vita, non un precetto religioso.
«Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi» (Gv 15,9). Nella nostra logica ci aspetteremmo che Gesù dicesse: “così io ho amato Lui”. Invece dice: «così io ho amato voi». E hai discepoli non dice non dice “così voi amate me”, «come io ho amato voi» (Gv 15,12), ma «amatevi gli uni gli altri» (Gv 15,17).
Gesù risponde all’amore del Padre amando noi e noi siamo chiamati a risponde all’amore di Gesù amandoci fra noi.
Non amando in generale, in teoria, ma gli uni gli altri, L’amore è concreto. Si amano persone concrete una ad una, aperti ad amare ancora.
Il comandamento dell’amore è il criterio per stare dentro la relazione con Cristo, «rimanete nel mio amore» (Gv 15,9) e per verificare quanto ci stiamo dentro.
Amatevi come io vi ho amato: con il mio stile, che è donazione.
I comandamenti secondo l’evangelista Giovanni sono la traduzione del comandamento dell’amore nelle svariate circostanze della vita.
Far passare l’amore con cui Cristo ci ama agli altri, così come lui ha passato a noi l’amore con cui è amato dal Padre.
E l’amore è sempre capace di abbattere i muri di separazione, come ci narra la prima lettura che attraverso il discorso di Pietro ci esorta a non considerare lontani ed estranei a Dio coloro che non sono nelle nostre file.
Il fatto narrato è istruttivo e molto importante anche nel nostro tempo. Anche in questo «cambiamento d’epoca», come Papa Francesco ha definito il momento attuale, la rapida successione degli eventi, il continuo evolversi dei criteri di giudizio e dei comportamenti, è necessaria molta attenzione e un costante discernimento alla luce dell’insegnamento di Gesù e dell’azione dello Spirito
La fedeltà alla tradizione non è semplice ripetizione di quello che si è sempre fatto, o di norme consolidate, ma audacia, creatività e coraggio di sintesi nell’elaborare nuove risposte e nel tracciare nuovi cammini, per rendere presente il Vangelo in questo mondo che cambia.
«Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola» (At 10,44). La Parola e lo Spirito sono due modalità dell’agire di Dio.
L’evento narrato dal libro degli Atti, è un primo passo importante, anche se ci vorrà tempo e molte discussioni per superare le resistenze, in alcuni casi addirittura violente, da parte dell’ambiente giudaico, prima che l’apertura della comunità cristiana a tutti gli uomini si consolidi e diventi pacifica accettazione.
Però vale sempre la conclusione a cui arriva Pietro: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo? E ordinò che fossero battezzati» (At 10,48)
Questa riflessione di Pietro, se da una parte ci sprona a superare ogni chiusura da parte della comunità cristiana, dall’altra è un implicito invito a cercare Dio non per tradizione o abitudini, ma con serietà di intenzioni e di vita, come nel caso di Cornelio.