II Domenica di Avvento Anno C: Bar 5,1-9 Sal 125 Fil 1,4-6.8-11 Lc 3,1-6
Il brano del vangelo di questa seconda domenica di Avvento inizia in modo solenne, nominando la schiera di personaggi che reggono le sorti di nazioni e popoli in un determinato momento storico e in un preciso territorio.
Alcuni di questi nomi sono direttamente legati alla vicenda di Gesù: Pilato, Anna e Caifa riappariranno al momento della sua condanna a morte.
Dentro la storia, nella concretezza della vita segnata anche dal male, dall’ingiustizia e dalla sofferenza, la Parola arriva, si incarna, prende corpo, per immettere dentro persone e popoli la novità di Dio.
La Parola non irrompe nei palazzi di quei grandi nominati solennemente da Luca, perché già pieni di molte altre parole. «La parola di Dio venne (lett.: accadde) su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto» (Lc 3,2).
La parola di Dio cambia la vita della persona nella quale “accade”. Non è qualcosa che dipende da noi. Non decidiamo noi che parola ascoltare e quando essa accadrà. A noi serve solo la disposizione all’ascolto e all’accoglienza.
L’evangelista Luca non si sofferma sui particolari atteggiamenti di Giovanni, sui suoi abiti, sul suo cibo… Di lui dice solo che sta nel deserto, luogo della solitudine e dell’ascolto, e che è uno che riceve una Parola che trasforma.
La parola che viene su Giovanni è una parola precisa, già risuonata molti anni prima per annunciare l’avvicinarsi della salvezza per gli israeliti in esilio, come abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr Bar e come ascoltiamo dalla citazione di Isaia (Is 40,3-4), fatta da Luca. Una parola che ora assume una nuova consistenza e un nuovo orizzonte.
Più precisamente si tratta di una visione. La vera novità per chi ascolta è proprio quella di vedere oltre il presente della storia.
Gli occhi di tutti vedono burroni, strade impervie, vie tortuose; vedono monti e colli invalicabili.
Colui sul quale viene la Parola è capace di vedere in profondità e oltre. In tutto quello che sta avvenendo, vede che è in atto una intrinseca trasformazione, che conduce all’accoglienza del Signore che viene. E vede anche l’esito della storia: «Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3,6).
Non c’è strada impervia, non c’è monte scosceso, non c’è Erode né Pilato né Caifa né Anna che possono impedire all’uomo di vedere, di conoscere, di fare l’esperienza di Dio che salva.
La parola di Dio è energia vitale che brucia dentro e mette in movimento. Questa parola fa di Giovanni un predicatore instancabile, la voce che, in tutta la regione del Giordano, grida l’appello alla conversione e la promessa del perdono.
Giovanni è la voce che annuncia una parola audace, che non ha paura di perdersi nel deserto, che non teme la delusione e l’insuccesso. Una parola che è promessa, che mostra davanti a sé, come una certezza, burroni riempiti, monti e colli abbassati.
Le vie tortuose della vita, se illuminate dalla Parola, si possono percorrere, e, nel viaggio, rivelano la salvezza di Dio.
La Parola supera la storia, ma entra sempre nella storia per risuonare e cambiare le persone e gli avvenimenti.
«Venne in Giovanni» (Lc 3,2), si è fatta carne in Gesù di Nazaret. Non ha mai smesso di venire sugli uomini. Scende anche tra di noi, su di noi, in noi. Ma ha bisogno di essere accolta, per poter risuonare nell’oggi della vita e della storia, attraverso la nostra vita e la nostra voce.
Per ascoltare la parola è però necessario compiere un gesto di rottura, così come lo hanno dovuto fare coloro che sono andati da Giovanni lasciando i loro luoghi abituali per spostarsi nel deserto.
Abbiamo bisogno di questa Parola, per dare una nuova direzione alla nostra vita, per non arrenderci di fronte agli ostacoli, alle incomprensioni e alle opposizioni. Ne abbiamo bisogno per riempire qualche “burrone relazionale” che sembra invalicabile e per raddrizzare qualche pensiero “tortuoso” che porta fuori strada. E ne abbiamo bisogno per superare ingiustizie e inique disuguaglianze e creare condizioni di vita migliori per tutti.
Accogliendo e lasciando spazio alla Parola, con la nostra vita renderemo il mondo più umano e, così facendo, prepariamo le vie al Signore che viene, perché ogni persona possa vedere «la salvezza di Dio!» (Lc 3,6).