Schema Omelia domenica 13 novembre 2022

XXXIII  Tempo Ordinario Anno C: Ml 3,19-20   Sal 97   2Ts 3,7-12   Lc 21,5-19

Il brano del vangelo di questa penultima domenica dell’anno liturgico, inizia rilevando che alcuni parlano con compiacimento della bellezza e dello splendore del tempio: «ornato di belle pietre e di doni votivi» (Lc 21,5).

A questo elogio entusiasta, Gesù risponde usando l’antico linguaggio dei profeti: «Verranno giorni…» in cui tutto sarà distrutto (cfr Lc 21,6). E i presenti, allora, gli pongono una precisa domanda: «Quando accadranno queste cose e quale sarà il segno…?» (Lc 21,7).

Tutti sappiamo che ogni opera umana, comprese quelle più sante, passerà col tempo e che può anche venire distrutta a causa dell’incuria e della violenza umana. Ma in ciascuno di noi c’è sempre la curiosità e il bisogno di voler sapere tempi e modi precisi di un futuro che non si possiede e che in qualche modo infonde paura e preoccupazione.

Però, non è questa la conoscenza di cui abbiamo bisogno. Ecco perché Gesù, con la sua risposta, esorta non a perdersi nel cercare di capire il quando, ma a guardare al tempo presente e a viverlo con sapienza e discernimento.

Se ascoltiamo con attenzione, infatti, in questa parte del suo discorso, il tema non sono gli avvenimenti ultimi, quelli della fine, ma ciò che avviene «prima» (Lc 21,9.12), nel tempo della storia, nell’oggi in cui ci è dato di vivere.

Un oggi che chiede di essere attentamente osservato, per capire, fra quelle possibili, quale strada il Signore ci domanda di percorrere e come dobbiamo percorrerla.

Gesù inizia con tre avvertimenti formulati in maniera negativa – «Badate di non lasciarvi ingannare»; «non andate dietro a loro»; «non vi terrorizzate» (cfr. Lc, 21,8-9) – perché sa bene che nel mondo religioso c’è il rischio della credulità, che spesso la superficialità porta a dare credito ad astuti ciarlatani e che c’è confusione nel distinguere l’essenza del messaggio dagli aspetti periferici o deteriori, troppo frequentemente assunti come centrali.

Gesù sa altrettanto bene che c’è anche chi si lascia abbagliare da forme apparenti di pietà, senza saper scorgere le realtà molto meno luminose che vi stanno dietro.

Il discepolo deve esercitare il discernimento e la vigilanza, per evitare di farsi trascinare nell’inganno, per opporsi alla manipolazione e alla falsificazione e per non lasciarsi sviare da pericolose illusioni e deresponsabilizzanti attese (cfr  2Tes 3,7-12).

Vigilanza e discernimento impediscano che si venga presi dalla paura di fronte ai tragici eventi della storia: guerre e rivolte non fanno altro che rendere manifesto il male di cui l’uomo può essere capace e non sono certamente segni della fine dei tempi.

Il discepolo di Gesù non deve lasciarsi terrorizzare. Deve piuttosto cercare di vivere gli eventi, anche drammatici, come occasione per cogliere la chiamata di Dio, come appello urgente alla conversione (cfr. Lc 13,1-5) e come luogo in cui esercitare la misericordia.

Le parole di Gesù nel vangelo di questa domenica sono un aiuto a comprendere la condizione del credente nel mondo e a viverla correttamente, giacché l’esistenza cristiana, pur rivolta alla pienezza dell’incontro con Dio, si svolge nel presente.

Le parole «Mettetevi dunque in mente di non preparare la vostra difesa io vi darò parola e sapienza», ad esempio, non vogliono dire che i discepoli dovranno attendersi liberazioni miracolose, ma che non dovranno confidare nei ragionamenti e nei calcoli umani.

Se il discepolo pensa di potersi difendere utilizzando la logica di questo mondo, invece di quella di Dio, si pone sullo stesso piano dei suoi oppositori e, tradendo Cristo e il suo vangelo, ricorrerà anche lui alla calunnia, all’ipocrisia, alla corruzione, alla violenza.

La perseveranza che fa salvare (guadagnare) la vita (cfr Lc 21,19) è la capacità di rimanere saldi sotto il peso delle avversità. La fiducia che nemmeno un capello del proprio capo andrà perduto (cfr Lc 21,18), perché comunque risorgeremo, permette di vivere il presente con umiltà e tenacia, senza cedere allo scoraggiamento né a facili illusioni.

La vita cristiana è una relazione di amore con Dio. Anche la nconclusione della vita e della storia, pertanto, vanno considerate nella luce dell’amore, dell’incontro di amore definitivo con l’Amato della propria vita.

Le sfide, pur diverse, che ogni fase storica pone al credente, possono positivamente essere affrontate solo con la sapienza che proviene dal Vangelo, senza annacquamenti e senza mai perdere l’intima convinzione che il Signore è con noi, ci accompagna e ci precede.  E per chi confida nel suo nome, «sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia» (Ml 3,20).

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