Schema Omelia domenica 5 marzo 2023

Seconda domenica di Quaresima anno A: Gen 12,1-4   Sal 32   2Tm 1,8-10   Mt 17,1-9

La vita domanda sempre dinamismo, anche sul piano spirituale: spinge a muoversi, a lasciare, ad andare oltre.

Quando ci fermiamo, ci chiudiamo in noi stessi o ci blocchiamo, la vita perde vigore e ci adattiamo a una routine mediocre e senza slanci. Una routine spesso fatta anche di cose buone, ma che non nutrono il cuore e lasciano insoddisfatti.

Per mantenere vivo il dinamismo è necessaria apertura e capacità di ascolto. Ascolto della realtà, ascolto degli altri, ascolto del proprio cuore. E ascolto della parola di Dio.

«La fede viene dall’ascolto» (Rm 10,17). Anche la chiamata della propria vita la scopriamo attraverso l’ascolto.

Come narra la prima lettura, Abramo riceve il comando di abbandonare la sua terra e le sue relazioni umane per dirigersi verso un luogo che non conosce. Dio, che ancora non gli è del tutto noto, gli promette un futuro di benedizione e Abramo, nella fede, intraprende il viaggio della sua vita.

Paolo, nella seconda lettura, ricorda a Timoteo che la condizione dei cristiani è di essere stati chiamati fin dall’eternità a far parte di un progetto che li supera e che contiene in sé la promessa della vita piena. Un progetto che si realizza in Gesù «che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del vangelo» (2 Tm 1,10).

Pur attratti dalla trasfigurazione di Gesù cui parla Matteo nel vangelo, mi pare che il tema centrale di questa domenica sia proprio l’ascolto: ascolto della voce di Dio.

«Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte» (Mt 17,1), facendo vivere a questi tre discepoli un’esperienza straordinaria e difficilmente comunicabile.

«E fu trasfigurato davanti a loro». L’unica cosa che sembra fisicamente descrivibile è la questione della luce: «il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (Mt 17,2).

«Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui» (Mt 17,3). Anche Mosè ed Elia erano saliti sul monte e avevano vissuto un’intimità con Dio: uno rappresenta la Legge che Cristo porta a compimento; l’altro rappresenta la profezia che Cristo realizzerà nella storia.

Non mi soffermo sul perché Pietro non vede alcuna buona ragione per lasciare il luogo della gloria, «Signore, è bello per noi restare qui» (Mt 17,4), ma sul fatto che, dopo essere stati avvolti dall’ombra di una nuvola luminosa ed aver ascolto la voce di Dio, Matteo annota che i tre discepoli «caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore» (17,6).

Questa reazione dei tre discepoli, Matteo non la mette in rapporto alla visione di Gesù trasfigurato, ma alla scomparsa della visione e con l’ascolto della voce del Padre: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17,5).

I discepoli si riprendono solo dopo l’intervento diretto di Gesù: «Alzatevi e non temete». Ma «Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo» (Mt 17,7).

Attraverso l’esperienza misteriosa dell’intimità con Dio, come nube che avvolge e protegge, ma che anche oscura, ci viene consegnata la parola fondamentale del Padre, come era già avvenuto al Giordano dopo il battesimo di Gesù: ascoltare il figlio; guardare a Gesù Cristo, ascoltare lui, camminare nella sua via.

Ascoltare il Figlio facendo risuonare sempre più in profondità la sua parola: lasciare che plasmi la nostra vita, la percezione di noi stessi e anche le nostre relazioni interpersonali e comunitarie.

Il segreto del cammino della fede è ascoltare il Figlio. È sempre Gesù che chiama per vivere un’esperienza particolare con lui. Un’esperienza che per essere vera non è mai individuale.

In questa occasione, come in altre, Gesù non prende con sé un solo discepolo, ma né prende tre e li conduce. Così avviene per ciascuno di noi: ci prende insieme ad altri, ci sta davanti, ci guida nelle esperienze della vita, aiutandoci ad attraversarle e a comprenderle.

Il dinamismo chiesto dalla vita e dalla fede, va dunque vissuto avendo come riferimento «Gesù solo» e in ascolto della sua parola. Ma mai da soli.

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