Intervento all’Evento inaugurale dell’IFPSM World Summit – 21 settembre 2023

Intervento all’Evento inaugurale dell’IFPSM World Summit – Firenze, Palazzo Vecchio, 21 Settembre 2023

Agli organizzatori, ai relatori e ai partecipanti porto il saluto dell’Arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, e il suo sentito ringraziamento per l’invito a questo evento, al quale non può partecipare per impegni precedentemente assunti.

Nella presentazione di questo appuntamento, allegata all’invito, si afferma che «Attraverso questo importante evento ADACI intende creare, favorire opportunità di sviluppo economico grazie alle sinergie territoriali che siano le leve per poter realizzare progetti di filiera industriale e logistica, avendo però sempre l’attenzione focalizzata alla Sostenibilità, all’Etica ed al Risk Procurement».

Sviluppo. Sostenibilità. Etica. Tre parole che, a mio avviso, sono sufficienti per dire che la sola crescita non è sinonimo di sviluppo; che «la crisi ambientale e quella sociale del nostro tempo non sono due crisi separate, ma un’unica crisi» (Laudato sii, 139); che non può essere positivamente affrontato nessun problema senza tenere conto dei fattori decisivi del contesto culturale, sociale, economico ed anche geo-politico nel quale viviamo e operiamo.

Va tenuto necessariamente conto degli effetti di una pandemia che sembra non aver insegnato che davvero tutto è connesso e che serve uno sforzo comune. Come bisogna tener conto delle crisi ambientali, finanziarie e militari e del movimento di popoli che caratterizzano gli inizi di questo millennio.

Siamo in una fase storica in cui è necessario ridefinire l’architettura dei nostri sistemi sociali ed economici.

Una fase che richiede interazioni e protagonismi nuovi e capacità di visione, per creare una proficua alleanza intergenerazionale, per promuovere anche nel mondo del lavoro il primato della persona e del bene comune, per evitare che la nostra lettura delle cose e i nostri interventi siano sempre un passo indietro alla realtà.

Lavoro dignitoso. Cura dell’ambiente. Innovazione. Aziende come comunità di persone inserite nella comunità di uno o più territori. Filiere produttive sempre più solide. Profitto come indicatore essenziale ma non unico della solidità di un’azienda. Acquisti sostenibili e ispirati a chiari principi etici.

Temi, questi come tanti altri, che esigono rinnovate e inedite sinergie e una cultura che valorizzi la relazione tra persone, saperi, esperienze, soggetti pubblici e privati.

Per costruire un futuro diverso e migliore, c’è davvero bisogno di alleanza tra l’economia, la finanza, la politica, l’etica e la cultura. Come c’è bisogno di coltivare una positiva crescita della persona nella sua integralità e di prestare attenzione agli aspetti motivazionali che muovono l’agire.

Serve un impegno nuovo per formare persone e comunità pensanti, e non solo reagenti, per aumentare la qualità della partecipazione e della cittadinanza e per scommettere sui giovani.

Non possiamo illuderci di governare il cambiamento, di cambiare l’economia, di trasformare il Paese con gli schemi di sempre o limitandosi a ribadire i propri principi o con delle iniziative ben fatte o a forza di interventi in chat. Servono, invece, valori, confronto, competenza, consapevolezza della complessità dei problemi e coraggio.

Serve quella filosofia del governo delle cose che nasce dalla capacità di dialogo, di confronto e di creatività che il clima sociopolitico, sempre più autoreferenziale, costruito negli ultimi decenni sembra aver sterilizzato, soffocando nel consenso dell’oggi ogni visione di lungo respiro.

Quando una persona è ancorata a solidi valori, generalmente si sente più responsabile delle proprie idee e delle proprie azioni, si apre più facilmente alla dimensione comunitaria e non teme il confronto con le differenze.

Questo ci dice, ad esempio, che anche nei percorsi di formazione e di specializzazione professionale, oltre a far acquisire le indispensabili competenze e far interagire conoscenze diverse, non può mancare la dimensione umanistica, compresa la visione antropologica del lavoro e il suo ruolo nella vita personale e in quella della società.

Svolgere bene il proprio lavoro non può essere dettato solo dai traguardi individuali che si vuole raggiungere. Un lavoro ben fatto è espressione di dignità e dà dignità: nel nostro lavoro mettiamo noi stessi e il nostro lavoro è per qualcosa e per qualcuno. In questo si radica l’etica professionale e il fine sociale della propria professione.

La stessa creatività che l’innovazione e i processi economici richiedono, non deriva solo dalle competenze tecniche o scientifiche, ma anche dalla dimensione umanistica e, direi, anche artistica della persona.

È proprio la dimensione umanistica che aiuta la persona a riflettere su sé stessa, a leggere la realtà presente nella sua complessità e con la necessaria visione storica, a governare non tanto e solo le macchine del futuro, quanto a progettarle in modo che sia sempre la persona umana l’artefice del suo destino.

L’urgenza di una riflessione seria sul ruolo delle tecnologie della conoscenza in un mondo travagliato da conflitti aperti o latenti, è messa in evidenza da Papa Francesco che, per la Giornata per la Pace 2024, ha significativamente scelto un tema inaspettato: «Intelligenze artificiali e Pace».

Nessuna società può trarre beneficio da coloro che hanno come unica preoccupazione il guadagno. Basta pensare ai frutti perversi prodotti da un certo modo di concepire la finanza; dall’elevata remuneratività della rendita in rapporto alla remuneratività degli investimenti che creano vero lavoro e sviluppo per la collettività; dal fatto che anche «le imprese vivono se attingono a falde più profonde di quelle del business», come dice l’economista Luigino Bruni.

L’imprenditore, figura assai diversa dallo speculatore, svolge un ruolo insostituibile per lo sviluppo e la promozione del bene comune.

Nella Laudato sii, insieme alle chiare condanne che vi si trovano sui frutti perversi di molte attività (inquinamento, sperpero delle risorse idriche, rilascio di rifiuti tossici, crisi occupazionali e degrado sociale – cfr LS 20; 46; 51), Papa Francesco parla dell’attività imprenditoriale come di «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti» (LS 129).

Quando il Papa parla di «vocazione» o «chiamata», fa riferimento a una motivazione, a un desiderio, che spinge oltre l’interesse personale, che cerca il bene dell’azienda nel suo complesso e del territorio nel quale opera.

Ogni vera vocazione è generativa e guarda al futuro. Per questo il mondo dell’impresa e del lavoro nel suo insieme deve guardare ai giovani. I giovani hanno bisogno di fiducia e di essere coinvolti nella costruzione del proprio futuro. E la società, compreso il mondo del lavoro, ha bisogno dei giovani.

Il vostro convenire qui a Firenze da molte nazioni per riflettere insieme, e le vostre proposte formative, non hanno solo dimensione e responsabilità sociale ed economica, ma anche politica. L’agire politico non è solo candidarsi alle prossime elezioni e non può essere ridotto al solo agire partitico: è uno stile di stare al mondo e di vivere la propria cittadinanza. E anche la propria professione.

Buon lavoro.

 

don Giovanni Momigli – Direttore Ufficio Problemi Sociali e Lavoro Arcidiocesi di Firenze

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