Schema Omelia domenica 24 settembre 2023

Domenica XXV Tempo Ordinario – Anno A: Is 55,6-9   Sal 144   Fil 1,20-24.27   Mt 20,1-16

Per approcciarsi alla parabola che abbiamo appena ascoltato, è bene tener presenti le parole della prima lettura: «Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55,9).

Il tema è quello della nuova “giustizia” del Regno, che sconvolge i criteri della logica umana, e l’immagine usata è quella della vigna, simbolo del popolo che Dio si è scelto, l’antico Israele e la comunità cristiana.

Lavorare nella vigna significa spendersi per la realizzazione del disegno di Dio, partecipare al suo progetto di salvezza. È questa la chiamata per ogni credente, per cui «il vivere è Cristo» (Fil 1,21), come ci ricorda Paolo nella seconda lettura.

Il messaggio della parabola è chiaro: una giustizia distributiva guidata da criteri di assoluta e formale equità, e la logica del merito, che misura su base quantitativa, non sono i criteri del Regno.

La narrazione è costruita proprio per mettere in evidenza quella che, secondo la logica retributiva e del merito, sembra un’ingiustizia e facilmente si è portati a sodalizzare con chi protesta per aver lavorato tutto il giorno e ricevere lo stesso compenso di chi ha lavorato un’ora soltanto.

La questione non nasce perché il “contratto” non viene rispettato: «Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro?» (Mt 20,13). Nasce perché il padrone dà la stessa paga concordata con i primi anche agli altri, facendo in modo che tutti ne siano a conoscenza.

Per capire il senso della parabola, che non è certamente detta per regolare i rapporti di lavoro, potremmo immaginare la piazza del mercato, luogo dove le persone si incontrano e dove, presumibilmente, il padrone incontra gli operai che chiama a lavorare, come la piazza della nostra vita.

A volte viviamo la piazza con curiosità, per vedere le opportunità che offre. Altre volte siamo spinti verso la piazza dal profondo desiderio di dare un senso al nostro vivere, per stringere relazioni, fare amicizie, incontrare l’amore.

Può anche succedere che, mentre si fa buio, aumenti l’angoscia e ci prenda la delusione: perché non ho trovato opportunità? perché sono rimasto solo?

Sulla piazza della vita, molte volte ci si svende o si nasconde la verità pur di essere comprati e altre volte si cerca di strumentalizzare gli altri pensando di fare il nostro interesse.

Spesso abbiamo paura anche ad andare in piazza. Paura a guardare in faccia la realtà e di metterci in gioco, per non esporci al rischio di essere sfruttati, offesi e ingannati.

Effettivamente, le persone che incontriamo molte volte ricercano solo il proprio interesse, hanno solo l’intenzione di manipolare e gestire la nostra vita. Lo sanno bene i lavoratori a giornata, molti dei quali anche oggi fanno l’esperienza di ritrovarsi costretti a ritmi disumani e mal pagati per soddisfare l’insaziabile sete di guadagno del padrone.

Nella parabola raccontata da Gesù, i motivi di coloro che in piazza non ci sono andati e i motivi di coloro che ci sono andati nelle diverse ore del giorno, fanno parte della loro storia che solo Dio conosce e restano volutamente nel mistero.

La buona notizia della parabola è che c’è un padrone che ha un comportamento insolito, che sovverte le attese: cerca operai anche nelle ore meno adatte per iniziare il lavoro, chiamando tutti quelli che vanno in piazza e dando a tutti quello che serve per vivere.

Il desiderio del padrone, che è il desiderio di Dio Padre, è che ciascuno possa vivere sentendosi cercato, realizzato, valorizzato; che possa trovare un ruolo e il modo per essere utile nella vigna della vita e specificatamente nella sua vigna.

L’invidia che segna le relazioni all’interno della comunità, però, fa ragionare in altro modo: non dà valore al lavoro svolto e non gode della possibilità avuta di poter dare senso alla propria giornata, ma porta solo a quantificare il tempo dedicato al lavoro, la fatica e il caldo (cfr Mt 20,12), senza interrogarsi sulla storia degli operai arrivati all’ultimo momento e tanto meno gioire che anche loro hanno finalmente trovato un senso di vita.

La questione non è solo su quanto, ma anche su come si sta nella vigna. Se questo vale per ogni tipo di lavoro umano, tanto più ha valore nella logica del Regno, dove centrale è la persona e il suo vero bene, terreno e eterno.

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